Quando Han Kang, il nuovo premio Nobel per la letteratura, parlò al “Mondo dei libri”

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Lo scrittore sudcoreano Han Kang. PAIK DAHUIM

Per quanto riguarda gli scrittori coreani, stavamo aspettando Hwang Sok-yong, il meraviglioso narratore di Vecchio Giardino (Zulma, 2005). O anche il poeta Ko Un, spesso considerato degno del Premio Nobel. È verso la Corea del Sud che i giurati del Nobel si sono rivolti quest’anno, ma hanno scelto di premiare una donna, la scrittrice e poetessa Han Kang che all’età di 53 anni è diventata la prima vincitrice di questo premio nel suo Paese. In tal modo, l’Accademia svedese distingue un’opera potente caratterizzata nelle sue parole da “una doppia esposizione del dolore, una corrispondenza tra tormento mentale e tormento fisico strettamente legata al pensiero orientale”.

Nel 2023 abbiamo incontrato Han Kang in occasione dell’uscita francese del suo romanzo Addii impossibili (Grasset). Avevamo scoperto una scrittrice fine e precisa, come i suoi libri, la cui poesia si tuffa volentieri nel fantastico, ma abbastanza complessa da nascondere, sotto l’elogio dei sogni e dell’immaginazione, una rappresentazione implacabile della crudeltà umana. Lo strazio, il dolore e le tracce indelebili della violenza maschile erano presenti nell’intervista, fin dalle prime frasi.

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“Sono sempre stato curioso della natura umana fin da quando ero bambino, ci ha confidato. Forse perché mi ha ferito. Sai, è come quando hai un punto dolente sul corpo e non riesci a smettere di toccarlo, grattarlo o semplicemente pensarci. »

Va detto che la barbarie è entrata presto nella vita di Han Kang. Figlia dello scrittore Han Seung-won, la piccola Kang è nata a Gwangju, nel sud del Paese, il 27 novembre 1970. Aveva 9 anni quando la sua famiglia si trasferì a Seoul, dove in seguito studiò letteratura, alla Yonsei University. Questa mossa ebbe luogo esattamente quattro mesi prima della cosiddetta Rivolta di Gwangju (maggio 1980), una mobilitazione pacifica guidata dal movimento studentesco e sindacale per la democrazia, in protesta contro la giunta militare al potere. Questa rivolta provocò da parte dell’esercito una risposta di tale ferocia da restare ancora oggi sinonimo di terrore e spargimento di sangue.

Corpi tagliati con baionette

La strage, che costituisce anche lo sfondo del Vecchio Giardinolo racconta Han Kang Quello che ritorna (Il serpente piumato, 2016). La bambina scoprì questi eventi all’età di 12 anni quando si imbatté in un libro nascosto in casa. Le foto dei volti mutilati, dei corpi colpiti dalla baionetta e della sua città natale insanguinata hanno lasciato un segno indelebile in lei. “Da allora ho sempre cercato, ha dettodi confrontarmi con questa forza contraddittoria che spinge gli esseri a volte a gettarsi sui binari per salvare un bambino, a volte ad uccidere migliaia di altri esseri umani. Non importa quale libro scrivo, questa violenza viene fuori. »

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