Libro: Gli “artigiani” francofoni in diciannove professioni

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Gli “artigiani” francofoni in diciannove professioni

Lo scrittore Blaise Hofmann e il fotografo Vincent Guignet hanno visto all’opera sia un rilegatore che un quilter.

Pubblicato oggi alle 21:17

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Stanno diventando rari. Appaiono discreti. Alcuni di essi, tuttavia, sono desiderati. Per loro c’è una coda, o più precisamente un ritardo da aspettarsi. Di chi si tratta? Ma le artigiane che Blaise Hofmann ha intervistato e che Vincent Guignet ha fotografato, ovviamente! Questi creatori, che sono anche artigiani, sono riuniti in un album appena uscito nelle librerie. Edizioni Nero su bianco, che sembra di classe. Immagini anche senza colori, che oggi danno un’idea di lusso. La cosa rafforza anche l’idea di un mistero della materia. Ceramica, vetro, cuoio o tessuto, tutte le attività qui trattate restano infatti legate ad una sostanza originaria. L’ispirazione avrà la meglio se tutto va bene.

Fuori città

Diciannove professioni vengono prese in considerazione da Blaise Hofmann e Vincent Guignet in quello che possiamo immaginare sarà un viaggio invernale in uscita dalla pandemia. A cavallo tra le frasi e dietro le immagini c’è un po’ di freddo che penetra nelle campagne francofone. Gli artigiani considerati raramente risultano essere urbani. La follia degli affitti li ha scacciati dai grandi centri, anche dalle periferie. Siamo a Rekingen nel Vallese presso un organaro. A La Sarraz con un costumista un po’ contadino. A Middes, nel cantone di Friburgo, per incontrare un rilegatore. A Vuadens, non lontano da lì, per vedere un sellaio al lavoro. A Sion, che è ancora una città vera, ma a misura d’uomo, dove lavora un ceramista. Alcune artigiane hanno innovato osando intraprendere una professione maschile. Altri seguono una tradizione ancestrale. Un fabbro non è comune. Soprattutto perché in generale sono rimasti pochissimi fabbri.

Riprodotta integralmente l'immagine in cui vediamo una palla di vetro soffiata da Valérie de Roquemaurel.

Questo perché in Svizzera l’artigianato sta morendo, dopo una lunga agonia. Quando vidi al cinema «Gli ultimi passanti», sui basilesi che ancora tessono la seta in casa, era il 1973. Da allora abbiamo visto i negozi chiudere. L’elenco dei posti di apprendistato vacanti si allunga. Soprattutto, ridurre il numero di clienti… e clienti. Dal ready-to-wear ci siamo gradualmente spostati verso il ready-to-throw. Tonnellate di schifezze cinesi (se penso che un tempo questo Paese incarnava il lusso!), vendute per pochi soldi, si sono riversate sul mercato. Siamo così arrivati ​​al paradosso che l’artigianato, sia maschile che femminile, si vede oggi riservato a un’élite. Il prezzo di un libro ricoperto da una di quelle bellissime pelli chiamate “chagrin”. Il costo di un abito d’armeria con genziane, rododendri e stelle alpine ricamate dove serve. Il tempo del quilter, tipologia di persona oggi molto richiesta. Se nel libro ci fosse un arazzo, sarebbe anche peggio. Una poltrona da rivestire può attendere quasi un anno nel 2024.

In ogni artigiana c'è innanzitutto una mano.

Se l’opera si inserisce bene nella carriera di Vincent Guignet (ero incuriosito dal suo sito), inizialmente mi chiedevo come si adatterebbe alla carriera di Blaise Hofmann. La risposta risulta essere ovvia. Tra il libretto della “Fête des Vignerons” del 2019, “Faire paysan” e il libro per bambini di cui vi ho appena parlato sulle isole del Lago di Ginevra corre un filo. È l’attaccamento alla terra. Alle tradizioni. Una visione dell’essere umano in un dato territorio. Allo stesso tempo, ci sarebbe in Blaise il rifiuto delle visioni tecnocratiche, del denaro facile, dello spreco o di quella follia del viaggio che viene pedantemente chiamata dromomania. Si tratta di tenere i piedi per terra e quella terra può essere arata. Ricordo che Blaise Hofmann produce anche vino, il che non è privo di merito in una parte della Svizzera dove la terra è diventata un prodotto di investimento come un altro. Scrittrice residente in una campagna francese ormai deserta, Marie-Hélène Lafon firma anche la prefazione. Da notare che Marie-Hélène piace anche agli abitanti delle città. Il suo libro “Les Sources” (2023) ha superato le 100.000 copie, il che sembra semplicemente prodigioso di questi tempi, in cui le vendite di libri vanno così male. E soprattutto rassicurante…

Pratico

“Artisanes”, testi di Blaise Hofmann e foto di Vincent Guignet, Editions Noir sur blanc, 236 pagine.

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Nato nel 1948, Etienne Dumont studiato a Ginevra che gli furono di scarsa utilità. Latino, greco, diritto. Avvocato fallito, si dedicò al giornalismo. Molto spesso nelle sezioni culturali, ha lavorato dal marzo 1974 al maggio 2013 alla “Tribune de Genève”, iniziando parlando di cinema. Poi vennero le belle arti e i libri. Per il resto, come potete vedere, nulla da segnalare.Maggiori informazioni

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