COLLOQUIO. Omar Sy si svela in un libro: “Era il momento giusto della mia vita per accettare di raccontare la mia storia”

COLLOQUIO. Omar Sy si svela in un libro: “Era il momento giusto della mia vita per accettare di raccontare la mia storia”
Descriptive text here
-

l’essenziale
Star mondiale dal successo di “Intouchables” nel 2011, capo di Netflix con “Lupin”, Omar Sy conduce una carriera internazionale tra Parigi e Los Angeles che lo ha reso uno degli attori francesi più conosciuti. In un libro di interviste accetta per la prima volta di sollevare il velo sulla sua vita, sul suo rapporto con il successo. Colloquio.

All’inizio non eri entusiasta di fare questo libro. Per quello ?

All’inizio non ne capivo il punto. Oggi il libro ha tutta la sua ragion d’essere. Perché racconta il viaggio di un uomo ma soprattutto evoca tutto ciò che mi compone: il percorso di un giovane francese che si trova esposto a questo livello, che segue questo percorso artistico, che vive tutti questi incredibili incontri pur essendo anche un ragazzino. di periferia, figlio di immigrati… È questa mescolanza che secondo me rende il libro interessante. Anche la forma è importante perché si tratta di una conversazione con la giornalista Elsa Vigoureux. Soprattutto non volevo un testo in cui trasmettessi la mia “verità”. Il formato della conversazione aiuta a evitarlo.

Nel libro appari estremamente legato alla tua privacy. Come hai finalmente accettato di parlare di alcuni di questi argomenti?

Anche questo è merito di questo metodo di scrittura: in una conversazione ci si avvicina agli argomenti più facilmente che in uno scambio di domande e risposte. Poi non lo nascondo: potremmo dirci tutto, ma non è detto che nel libro si trovi tutto. Avrei pensato di censurarlo molto di più! Ma ciò che è intimo non mi ha disturbato quando l’ho letto. Ecco perché nel libro ci sono cose che non ho mai detto. Penso che fosse il momento giusto nella mia vita per accettare di raccontare questa storia. Con questo libro parlo anche alla mia famiglia: ai miei figli, a mia moglie, ai miei genitori, ai miei fratelli e sorelle. È una dichiarazione d’amore per me.

In questo libro si distingue tra “Omar” e “Omar Sy”. Che cosa significa ?

L’Omar Sy di cui parlo nel libro non sono realmente io ma piuttosto la proiezione che gli altri fanno di me. Ho fatto questo lavoro molto tempo fa: so che questo personaggio pubblico non sono io e che ciò che le persone proiettano su di me, non potrò mai darglielo. So che non posso soddisfare le aspettative di tutti. Secondo me, inoltre, chi inizia a fare così corre il rischio di perdersi o di impazzire. Ma ti rassicuro: va tutto bene, sono d’accordo con me stesso (sorride).

L’attore si rivela per la prima volta in un libro.
AFP – VALERIE MACON

«Nel 2011 vivevo e offrivo cose incredibili alla gente. Dovevi credere in Dio perché altrimenti finisci per credere che Dio sei tu stesso», confidi. Hai dovuto lasciare la Francia dopo il successo di Intouchables?

Tutto quello che mi è stato dato in quel momento è stato enorme, e me ne sono pienamente reso conto. Ma mi sono detto: “È molto per un essere umano”. E in queste circostanze possiamo passare a qualcos’altro, crederci superiori, vederci come un superuomo. Tuttavia, nella mia educazione, non esiste né il superuomo né il sottouomo. Non mi dispiace avere delle particolarità, e le vivo molto bene, ma non sono straordinaria nel senso stretto del termine. Quindi volevo evitare di prendere la strada sbagliata. Ciò che dico nel libro è che in queste circostanze, quando un tale successo ti cade addosso, se non credi in Dio, corri effettivamente il rischio di credere di esserlo…

Dici che dubiti costantemente ma che non ti senti preoccupato…

Il dubbio c’è costantemente, sì, ma è trainante. È come la paura: sono segnali che provocano una reazione, che spingono ad agire. La preoccupazione, al contrario, è paralizzante. Penso che tu debba accettare di essere umano e di commettere errori. Fa parte dell’apprendimento della saggezza. Ma non devi essere paralizzato.

Dici: “Sono povero. La mia vita è un po’ come stare in un campo estivo con i ricchi”. È questo un modo per rimanere fedele alle tue origini sociali?

La prima cosa è che fa parte di me: non controllo io questa origine sociale. La seconda è che anche se oggi vivo molto bene la mia condizione sociale, cerco di fare costantemente questo passo da parte. È così che cresciamo; pur rimanendo in grado di guardarsi obiettivamente. Ci lavoro tutti i giorni, anche se non posso dirvi che ci riesco!

Hai pochi progetti cinematografici in Francia. Per quello ?

Ci sono due fattori: primo, non ricevo progetti che mi offrano qualcosa di nuovo, che non abbia ancora fatto. Ora, sicuramente non voglio ripetermi. Poi, voglio impegnarmi in progetti che corrispondano ai valori che voglio difendere. Ed è vero che non ne ricevo molti. Anche per questo ho creato le mie strutture produttive.

Dici di avere poca attrazione per i personaggi oscuri. Per quello ?

Non mi vedo interpretare un personaggio senza possibilità di redenzione. Penso che oggi nel mondo ci siano già abbastanza destini oscuri. Voglio raccontare qualcos’altro da attore, e vedere qualcos’altro da spettatore.

Da leggere: “Vieni, parliamo”, Omar Sy e Elsa Vigoureux. Edizioni Albin Michel, 288 pagine, € 19,90.

-

PREV Editoriale. La lettura, anche una questione economica!
NEXT Focus su “La fuga di Adèle” di Nicolas Rogès, un libro divertente e tenero sulla vecchiaia