lLa graduale affermazione del sionismo, come movimento che sosteneva il raduno del popolo ebraico nella terra di Israele, fu particolarmente complessa. Fu infatti innanzitutto la corrente evangelica del protestantesimo anglosassone che, a partire dalla metà del XIX secoloe secolo, propugnava una forma di sionismo cristiano, secondo il quale l’adempimento delle profezie bibliche dipende dalla “restauro” del popolo ebraico in Terra Santa. Fu solo a partire dal 1882 che gli Amanti di Sion e altri gruppi di attivisti ebrei nell’impero russo organizzarono, in risposta all’ondata di pogrom antisemiti, una prima ondata di emigrazione nella Palestina ottomana.
È con il termine ebraico dialya verso cosa viene designata questa “ascensione”. Eretz Israella “terra d'Israele”. Le autorità ottomane stimarono allora la popolazione della Palestina in 465.000 abitanti, di cui 405.000 musulmani, 45.000 cristiani e 15.000 ebrei. Queste statistiche, stabilite a fini fiscali, non tengono conto né dei beduini né dei circa 9.000 ebrei di nazionalità straniera, o di coloro che beneficiano della protezione di un consolato europeo a Gerusalemme.
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Pionieri troppo poco conosciuti
Questo primo alya è stato troppo spesso trascurato, perché anticipa la concettualizzazione del termine “sionismo” (nel 1890, ad opera di Nathan Birnbaum) e la fondazione ufficiale del movimento sionista (nel 1897, a Basilea, su iniziativa di Theodor Herzl). . Essa è inoltre segnata dal carattere eterogeneo dei movimenti, spesso concorrenti, che la compongono: gli Amanti di Sion, guidati da Odessa, che tentano di deviare verso la Palestina una parte, anche limitata, del flusso dell'emigrazione ebraica verso Stati Uniti; i Bilu, animati da Kharkiv e designati con l'acronimo ebraico “casa di Giacobbe, vai e noi andremo”; i Figli di Mosè, discepoli di Asher Guinzbourg, nato vicino a Kiev, che scelsero di ebraizzare il suo nome in Ahad Haam, ovvero “uno del popolo”. Fondamentale è la dimensione ucraina di questo primo alya, così come la volontà di trasformare l'ebraico da lingua religiosa a lingua nazionale.
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Il volontarismo di tale ebraizzazione è portato avanti dallo slogan lanciato da Gerusalemme da Eliezer Ben Yehouda: “Un popolo, una terra, una lingua”. Questo trittico riecheggia diversi nazionalismi europei, stabilendo un legame incrollabile tra il popolo ebraico, la terra d’Israele e l’ebraico moderno. Ma i pionieri di questa prima alya, essi stessi divisi, devono fronteggiare l'ostilità delle comunità ebraiche stabilite da tempo in Palestina e dedite allo studio e alla preghiera nelle scuole rabbiniche di Gerusalemme, Hebron, Safed e Tiberiade.
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