“Sul campo di battaglia, l’intelligenza artificiale supera le aspettative militari”

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Laure de Roucy-Rochegonde, direttrice del Centro di tecnologia geopolitica dell’Istituto francese di relazioni internazionali, a Parigi, 14 ottobre 2024. SIMONE PEROLARI PER “IL MONDO”

Dottoressa in scienze politiche, Laure de Roucy-Rochegonde dirige il Centro di tecnologia geopolitica dell’Istituto francese di relazioni internazionali (IFRI) e insegna etica della guerra a Sciences Po Paris e all’Università di Paris-II Panthéon-Assas. Mercoledì 16 ottobre ha pubblicato La guerra nell’era dell’intelligenza artificiale (PUF, 240 pagine, 18 euro), che si interroga in particolare su come l’intelligenza artificiale (AI) e la comparsa di armi più autonome possano mettere in discussione il controllo umano, politico e giuridico dell’uso della forza.

L’intelligenza artificiale sta vivendo un salto in campo militare simile a quello osservato nel settore civile negli ultimi due anni?

Sì, completamente. I primi annunci sull’integrazione dell’intelligenza artificiale nei sistemi d’arma risalgono a prima del 2010. Prima della guerra in Ucraina, nel 2022, si stimava che gli stati più avanzati fossero gli Stati Uniti, la Cina e, in misura minore, la Russia. Ma, al momento dell’invasione dell’Ucraina, l’IA militare russa brillava piuttosto per la sua assenza. All’inizio abbiamo visto sul terreno sistemi molto rustici e poco a poco gli ucraini si sono distinti, con l’aiuto di grandi attori americani, come la società Palantir, specializzata nell’elaborazione dati, o la società di comunicazioni satellitari d’Elon Musk, Starlink. Lì abbiamo visto davvero un’accelerazione, un punto di svolta, perché tutti questi attori hanno beneficiato di qualcosa di molto raro fino ad allora: i dati operativi sul campo. Oggi sul campo di battaglia l’intelligenza artificiale supera le aspettative dei militari.

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In Ucraina i droni sono onnipresenti. In che modo l’intelligenza artificiale ha cambiato il loro utilizzo?

Dieci anni fa, al momento dell’invasione della Crimea nel 2014, i droni avevano una grande vulnerabilità: quando interrompevamo il loro collegamento con l’operatore – cosa che i russi fanno molto bene – finivano per cadere. È qui che l’intelligenza artificiale gioca un ruolo oggi, perché consente la navigazione autonoma, il targeting, il riaggiustamento di una traiettoria, ecc. Oggi i droni possono continuare sempre più spesso a operare senza interrompere la loro missione.

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Sono molte le ricerche sul volo autonomo, in Europa o negli Stati Uniti, dove l’esercito americano ha effettuato test sui caccia. Stiamo andando verso la fine dei piloti da caccia?

Un pilota da caccia direbbe che è impossibile per un drone riuscire a fare tutto da solo in una missione. Tuttavia, i droni sono sempre più in grado di svolgere missioni simili a quelle di un aereo da caccia. Detto questo, ogni volta che vi è necessità di responsabilità umana per determinate missioni, gli Stati preferiscono assicurare la presenza di un pilota, come salvaguardia. La prossima frontiera sono gli sciami di droni, che opereranno con intelligenza collettiva, un po’ come un banco di pesci.

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