L’Antoinismo, una storia belga diventata cult

L’Antoinismo, una storia belga diventata cult
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Pubblicato il 29 aprile 2024 alle 21:24 / Modificato il 29 aprile 2024 alle 21:26

All’ingresso, a destra, un cartello attaccato ad un lavandino un po’ invecchiato avverte: questa fontana ha il solo scopo di dissetare, “utilizzarla in altro modo è mancanza di fede”. Su un tavolo vicino, alcuni fogli in olandese e italiano ripetono i “Dieci principi del Padre”, mentre un altro cartello impone il silenzio. Situato nella periferia occidentale di Liegi, il tempio di Jemeppe-sur-Meuse è diviso in due piani da un balcone in stile Art Nouveau. Sulla parete principale, impeccabilmente nera, compare il nome “Culte Antoiniste” nei caratteri degli album di Tintin, seguito dagli orari delle “Letture” e delle “Operazioni generali”, e da un’invettiva che promulga la “Fede” come unico rimedio alla la salvezza dell’umanità. Alle 10 in punto un vecchio fratello in toga nera si alza dalla prima fila, suona tre volte il campanello e poi si siede di nuovo. Una sorella che indossa un berretto nero si dirige poi verso la piattaforma. Con gli occhi chiusi, si lancia nella recitazione dei “Dieci Principi” con intonazione insipida. L’assemblea è scarsa. Piuttosto di mezza età, sono una ventina. Lontano dai record dell’inizio del XX secolo, quando il movimento religioso contava 300.000 seguaci in Belgio.

Christophe Guyot è un appassionato di arti marziali, scherma e lavorazione artistica dei metalli. Soprattutto è antoinista da circa quindici anni. Nato cattolico “per il fatto di [ses] genitori», è stato battezzato e ha ricevuto la comunione, ma «lo è da tempo [son] percorso da solo”, spiega, installato nella sua officina da fabbro, sul retro della sua casa grigia. “Dopo la rottura nel 2010, ho cambiato lavoro e luogo di residenza”. Un giorno, mentre passa davanti a un vicino tempio antoinista, Christophe entra. Non c’è nessuno. “Non ho capito niente, ma a volte quando ti siedi da qualche parte ti senti bene lì. Lì mi sono trovato bene”. Ritornando, il Liegi inizia a “sentire delle cose”, finché il fratello incaricato della “Lettura” non lo invita a farlo. Ci sono quindi tre persone nel tempio. “Ecco, sento qualcosa di leggero, pensieri che arrivano da ogni parte, emozioni straordinarie.” Lui che ha passato la vita a cercare risposte nei libri, le trova grazie alle persone “a casa”. “Soprattutto non c’è nessun esame, voto o obbligo di andare a Roma in ginocchio, tutto è semplice”. Beh, non esattamente…

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