Stella Marina, il post-apo più bello che nessuno conosce

Stella Marina, il post-apo più bello che nessuno conosce
Stella Marina, il post-apo più bello che nessuno conosce
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Mentre il prequel Without a Sound: Day One offre una nuova prospettiva all’orribile saga di John Krasinski, perché non tornare a Starfish, un altro post-apocalittico popolato da creature provenienti da altrove?

Nel 2018, il primo Sans un Bruit, di e con John Krasinski, è stato un successo nelle sale. La sua concezione ultra efficace di un mondo invaso da mostri extraterrestri ciechi e con un udito ipersviluppato, che condannano gli umani sopravvissuti a vivere nel silenzio, ha avuto il merito di offrire un film horror e d’azione dalla tensione palpabile.

Ma l’anno successivo, un film molto più confidenziale, puro prodotto dei festival, esplorò un universo simile con Virginia Gardner nel ruolo principale. Questa volta non si tratta più di una vita familiare da preservare di fronte alle avversità, ma, al contrario, di mettere in discussione la necessità di vivere attraverso uno studio della solitudine. Questo è il progetto della gentile Stella Marina, poetessa e cugina depressa di Sans un Bruit, diretta da AT White, di cui è l’unico film fino ad oggi.

L’inverno sta arrivando

In silenzio ma con Aubrey

Il genere post-apo non fa necessariamente rima con disastri naturali, guerre di civiltà o protezione di una piccola famiglia. Se questi tre motivi ricorrono molto spesso nel genere, promettendo grande spettacolo ed emozione, altri si concentrano sulla possibilità di ritrovarsi molto più soli di fronte alla fine del mondo come lo conosciamo. Questo è ovviamente il caso dei tre adattamenti del romanzo Io sono leggenda, il cui eroe è l’ultimo essere umano sulla Terra a non essere stato trasformato in una creatura omicida.

In Starfish è anche il prisma della solitudine ad essere scelto, privilegiando l’introspezione e in un approccio intimo che rifiuta ogni magniloquenza dell’apocalisse. Quando la giovane Aubrey si sveglia da un bel pisolino al ritorno dal funerale della sua migliore amica Grace (perché la bella atmosfera c’è fin dall’inizio), capisce gradualmente che mentre lei dormiva, e quella gente, è avvenuto un massacro diffuso intorno a lei sono quasi tutti morti, uccisi da mostri di carne ciechi e dai denti aguzzi.

Apocalisse o no, è divertente sul divano

Da quel momento in poi, il contatto di Aubrey con una parvenza di umanità avverrà solo attraverso il suono, poiché gira per la città alla ricerca delle audiocassette nascoste da Grace, e comunica tramite walkie-talkie con un altro sopravvissuto. Con indubbiamente un lavoro più solido di quello dell’intera saga di Sans un Bruit, la messa in scena e l’atmosfera di Starfish isola Aubrey in un dolce fluttuare permanente, lei che rimane sola anche prima dell’apocalisse.

L’idea non è tanto quella di vedere la fine del mondo attraverso un caso individuale che consenta l’identificazione, ma piuttosto di vederla attraverso la soggettività della mente del personaggio. Trasformare la fine del mondo in un’esperienza personale, in…

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