“Bushman”: il viaggio nella cultura pop degli anni Sessanta di un africano beffardo

“Bushman”: il viaggio nella cultura pop degli anni Sessanta di un africano beffardo
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L’ennesima novità del passato che irrompe sui nostri schermi senza preavviso, intrisa del fascino irresistibile delle epoche eroiche e sexy in cui i codici si rompevano e la differenza cominciava a diventare cool. Ma probabilmente non abbastanza per un film così atipico Boscimane è stato rilasciato dopo le riprese nel 1968-1969.

In parole povere, potremmo assimilarlo a un movimento fertile per l’epoca, quello del cinema verità, che univa il documentario alla finzione. Il rapporto del regista David Schickele con il suo soggetto, e anche con il cinema in generale, potrebbe essere paragonato a quello di Jean Rouch, che proveniva dal documentario etnografico. Dopo aver girato Fammi un indovinello in Nigeria, Schickele ha improvvisato una fiction a San Francisco con una delle comparse del documentario, Paul Eyam Nzie Okpokam, venuto negli Stati Uniti per insegnare e studiare. Lo scopriamo camminare a piedi nudi lungo un’autostrada con le scarpe da ginnastica in equilibrio sulla testa.

Un modo per affermare la sua natura di boscimane, un uomo originario delle campagne africane, in contrapposizione al mondo urbano occidentale dove trascina le sue ghette (poco usurate) con uno sguardo divertito e un po’ beffardo. Oltre al gentile schiaffo che il film dà al razzismo ambientale e all’indebolimento delle particolarità dei neri americani, il film si distingue per la sua forma.

L’inclusione di incidenti cinematografici nella sua trama

Adottando una costruzione libera e una modalità picaresca – i vagabondaggi e gli incontri casuali di Paul, qui ribattezzato Gabriel – il film mantiene le distanze su più livelli. Innanzitutto con la voce fuori campo. Poi, con la ricorrente intrusione di passaggi documentari sulla vita tribale in Nigeria, che fungono da riferimenti alle origini di Gabriel; per lui non è una seconda questione di integrazione o assimilazione.

È l’opposto del cliché dell’africano beato che guarda l’Occidente come una finestra luccicante, non si lascia ingannare e ride di questo mondo da vetrina che percorre come un dilettante, come un equivalente contemporaneo dell’Urone di Voltaire (in); l’Ingenuo) con gli occhi aperti. Quasi un cugino dell’eroe di Teoremagirato contemporaneamente.

Di certo non andrà così lontano e preferisce prendersi gioco delle idiosincrasie californiane passando di ragazza in ragazza, passando da una ragazza nera di Los Angeles che difficilmente lo capisce, a una bionda borghese in cerca di febbre della giungla, e incontrando un gay indescrivibile. , incarnato dalla futura stella diGomma da cancellaredi David Lynch e Jack Nance.

Satira documentaristica, Boscimane trae la sua modernità dall’inclusione nella trama di riprese di incidenti, il più rovinoso dei quali: la fuga del personaggio principale. Tutto si ferma quando Gabriel/Paul viene improvvisamente arrestato dalla polizia – accusato di falsi piani terroristici –, imprigionato e poi deportato. Il regista spiega con la voce fuori campo perché ha dovuto interrompere il film e poi accorciarlo. Proprio questo intervento improvviso della realtà, che è senza dubbio il vero motivo della mancata diffusione di quest’opera incompiuta, dà Boscimane tutta la sua novità e unicità.

Boscimanedi David Schickele, Stati Uniti, 1971, 1 ora e 15

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