Dino Brandão, dolce follia

Dino Brandão, dolce follia
Dino Brandão, dolce follia
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Pubblicato il 13 giugno 2024 alle 12:10 / Modificato il 13 giugno 2024 alle 19:35

La sua musica è una fiamma che tremola nell’aria calda. Dino ti parla di tutto, dei suoi terrori infantili, delle sue guerre interiori, con un sorriso, quasi con disinvoltura, come se fosse qualcun altro. Lui è lì, avvolto in un grande maglione rosso, al centro di questa casa a Brugg in Argovia dove vive con madre, sorella, nipote, fidanzata. “Durante la pandemia, i nostri appartamenti a Zurigo sembravano così piccoli. Abbiamo deciso di incontrarci nel paese dove sono nato e continuiamo ad amarlo”. Una fortezza a cielo aperto, come il primo album di un cantante di cui non si vede il fondo.

Ricordiamo la sua voce, le prime volte in cui è risuonata nella Svizzera romanda: un falsetto d’opera tropicale sul palco lacustre del Montreux Jazz Festival. Ha cantato preghiere in svizzero tedesco con Sophie Hunger e Faber – senza cogliere una sola parola, eravamo sicuri di averlo capito. Nel frattempo, ha pubblicato alcuni brani suoi, con testi in inglese che evocano un castello capovolto, il mondo che crolla. Poiché Dino Brandão traduce ogni esperienza nel linguaggio crudo del pop, alleggerito dalla danza, confessiamo di non aver sempre ascoltato con attenzione i suoi testi. Autoinclusione, questo disco di esorcista è un richiamo all’ordine.

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