Su M6+, “Murder Club” prende in giro il fascino contemporaneo per le notizie

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Amélia (Tiphaine Daviot) e Daniel (Eric Cantona) nella serie “Murder Club”, creata da Nathalie Hug e Jérôme Camut. NICOLAS VELTER/MEDIAWAN/M6

M6+ – ON DEMAND – MINISERIE

Bella sorpresa da una selezione francese che altrimenti sarebbe un po’ noiosa, Club degli omicidi aveva fruttato alla sua interprete principale, Tiphaine Daviot, il premio come migliore attrice al festival Séries Mania di marzo. Premio meritato per questa attrice dal volto polivalente e dall’energia comunicativa, sempre più presente in televisione − l’abbiamo vista di recente nella serie Gli escursionistisu TF1. Club degli omicidi punta tanto sulla sua attrice quanto sulla trama, in definitiva piuttosto ben definita, nonché sul suo tono delicatamente beffardo, che si fa beffe del fascino contemporaneo per le notizie.

Alimentata con “Portate dentro l’imputato” da una madre teneramente invadente, Amélia Delcourt (Tiphaine Daviot) sogna solo grandi indagini, ma è stata rimossa dal crimine dopo un grosso errore che ha permesso “Shakespeare”, la firma di un serial killer che terrorizza il mondo. regione, per scappare. La giovane donna, reintegrata nella squadra, e i suoi colleghi si lanciano sulle tracce di un’adolescente scomparsa, caso per il quale cerca il sostegno di un rinomato ma stanco e dipendente criminologo.

Dose di autoironia

Grande specialista di “Shakespeare”, Daniel (Eric Cantona) aiuterà Amélia e la sua squadra a stabilire il collegamento tra lui e un assassino più anziano, la cui memoria affascina l’intera comunità locale di investigatori dilettanti e collezionisti di “murderabilia”, questi manufatti che venivano utilizzati per perpetrare delitti o appartenevano a grandi psicopatici, venduti all’asta da un banditore interpretato con brio e un certo senso kitsch da Arielle Dombasle.

Tutto questo non cambia molto dai soliti thriller delle grandi reti − Club degli omicidi difficilmente riuscirà a ritagliarsi un posto al loro fianco – se non per la scrittura, un po’ più sciolta della media, e per la voglia di aggiungere una dose di autoironia ai codici del genere. La serie avanza così in bilico tra commedia e thriller, senza mai scegliere veramente. Si avverte il desiderio di non fare troppo, e lo sforzo di non cadere troppo nella parodia o nella caricatura dei personaggi di Amélia e Daniel. Ciò consente alla serie di evitare la maggior parte delle trappole del thriller in prima serata – personaggi archetipici e trama con pilota automatico – ma di confinarla in un territorio familiare.

In quattro episodi troppo brevi per annoiarsi, Club degli omicidi conserva tuttavia l’idea di una seconda stagione, e speriamo in un seguito un po’ più libero, più scritto, che si affidi maggiormente ai suoi attori e alle sue trame secondarie. Una stagione che sposterebbe i cursori e consentirebbe, forse, ad Amélia Delcourt di competere con Morgane Alvaro e HPI.

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