Con la mostra “Zombis. La morte non è una fine? » al Musée du quai Branly, l’epopea dei morti viventi haitiani

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Personaggio Bizango in tessuto imbottito, Haiti, XX secolo. PAULINE GUYON/MUSEO DU QUAI BRANLY-JACQUES CHIRAC

Nel 2018, il blockbuster del Musée du quai Branly “Inferni e fantasmi dell’Asia” ha impressionato. Dopo i fantasmi, anime senza corpo, spazio agli zombie, corpi senza anima: questa volta l’istituzione parigina propone una piccola mostra tanto unica quanto affascinante, “Zombis. La morte non è una fine? », al crocevia tra ricerca sul campo, storia, scienza e cultura pop su altri morti che non stanno fermi: gli zombie originali del voodoo haitiano.

A differenza dei morti viventi di Hollywood, che ne sono i derivati ​​e ci sono più familiari, il percorso offre un tuffo nelle radici antropologiche della zombificazione. Lo zombie, quello vero, è afro-caraibico, proveniente dal Voodoo haitiano, una religione sincretica che mescola quelle dell’Africa sub-sahariana, della costa occidentale e di parte dell’Africa centrale con il cattolicesimo. Durante i tre mesi di cattura, traversata transatlantica e vendita degli schiavi, furono instillate con la forza nozioni di cattolicesimo romano. Inoltre, croci e santi sono onnipresenti nel Vodou haitiano, ma croci feticizzate, a volte anche antropomorfe.

Troviamo anche oggetti dei nativi americani nei santuari Voodoo di Haiti, associati a rituali per un effetto di ancoraggio territoriale. Furono infatti gli abitanti indigeni dell’isola, i Taino, della tribù madre degli Arawak, presenti in tutte le Grandi Antille, durante l’arrivo degli europei, a trasmettere agli schiavi i segreti dei veleni e delle piante. chiamati “castagne”, fuggiti dalle piantagioni. Il tempio voodoo ricostituito in scala 1/1 all’inizio del percorso permette di rendere conto di questo sincretismo di rituali: al di là delle croci e dei feticci, scopriamo i “vévés”, queste piccole tracce sul terreno che provengono da un Taino tradizione e che servono per evocare i “loa”, le divinità.

L’esercito delle ombre

Il Voodoo haitiano non è stregoneria, ma una religione strutturata in società segrete, tra cui quella dei Bizango, responsabili di questioni di giustizia, e quindi della zombificazione di individui giudicati colpevoli di crimini, e condannati a vagare come morti-viventi. Tra i tanti oggetti e rappresentazioni che accompagnano la mostra, i feticci bizango, realizzati in tessuto nero e rosso, a dimensione umana e con gli occhi specchiati, sono i più suggestivi.

>Personaggio Bizango, Haiti, inizi del 21° secolo.>

Personaggio Bizango, Haiti, inizi del 21° secolo.

Personaggio Bizango, Haiti, inizi del 21° secolo. MICHEL URTADO/THIERRY OLLIVIER/MUSÉ DU QUAI BRANLY-JACQUES CHIRAC

Sono presenti durante i giudizi, come possiamo vedere entrando nel santuario bizango chiamato “l’esercito delle ombre” – altra ricostruzione di un luogo chiave nei riti voodoo haitiani, con il peristilio e un cimitero –, dove questi a grandezza naturale i feticci affrontano l’accusato. Una scansione di un feticcio rivela che sono composti da oggetti, tra cui una croce cimiteriale, il teschio di un antico Bizango e bottiglie che contengono anime.

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