A differenza di Tom Hardy, che nel film originale fingeva di guidare mentre recitava, qui si sceglie di essere effettivamente al volante. Ovvio?
Guidare e giocare allo stesso tempo può sembrare impossibile, ma in realtà è del tutto naturale. Nella vita di tutti i giorni, quando sei in macchina, parli con la tua dolce metà e all’improvviso ricevi una chiamata dall’ufficio, rispondi senza smettere di guidare. Faccio lo stesso. Giocare significa in definitiva cercare di riprodurre al meglio ciò che fai tutto il giorno. È semplice a dirsi, ma è molto difficile a farsi. L’approccio è simile a quello di un artigiano: con buoni strumenti è più facile dare vita a un personaggio. Interpretare Napoleone, vestito da Napoleone e non in jeans, aiuta. Anche i grandi attori, come quelli della Royal Shakespeare Company, interpretano meglio un personaggio quando tutto intorno a loro lo supporta. Ad esempio, se entro in un’auto trainata, il mio cervello percepisce che vengo trainato, quindi il mio comportamento cambia. Gesticolo, guardo lo specchietto retrovisore più spesso del necessario e la tendenza è quella di stare sulla difensiva…
Questo ti fa sentire come se fossi inventato?
Assolutamente. Quando l’auto si muove davvero, è autentica. Mi piace fare le cose per davvero. Capisco gli attori di ieri, e anche di oggi, che si ostinano a fare tutto da soli, al massimo delle loro possibilità, acrobazie comprese. Rende le cose più vive. Quando salti in acqua, quando arrivi in superficie senti qualcosa di unico. L’espressione non è la stessa che avremmo se avessimo appena fatto un tuffo prima. È in questi momenti che il cinema, anche se racconta storie inventate, tocca la realtà.