“Il regno del pianeta delle scimmie”: uno splendido ritorno, a cui manca profondità

“Il regno del pianeta delle scimmie”: uno splendido ritorno, a cui manca profondità
“Il regno del pianeta delle scimmie”: uno splendido ritorno, a cui manca profondità
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È successo circa 300 anni fa. Come un Mosè scimmiesco, Cesare esalò il suo ultimo respiro dopo aver condotto il popolo delle scimmie nella terra promessa, al sicuro dagli umani in piena “devoluzione” a causa del retrovirus che avevano prodotto in laboratorio per combattere il morbo di Alzheimer. La mancanza di potenza, la cura si era rivoltata contro i suoi creatori, aveva causato la morte di quasi tutta l’umanità e la regressione dei sopravvissuti. Allo stesso tempo, i primati stavano salendo la scala evolutiva a una velocità vertiginosa.

La storia è stata raccontata in L’alba del pianeta delle scimmie di Rupert Wyatt (2011), poi in L’alba del pianeta delle scimmie E Guerra per il pianeta delle scimmie di Matt Reeves (2014 e 2017). Conclusione di una trilogia di successo che mette in luce il meglio del motion capture (e il suo maestro, Andy Serkis) in un lungo pre-episodio che forse un giorno ci (ri)condurrà al classico Pianeta delle scimmie di Franklin J. Schaffner (1968). Altri quattro film seguirono questo negli anni ’70, così come a remake (dimenticabile) firmato Tim Burton nel 2001, prima di questi Pianeta delle scimmie nuova generazione, compreso Regno del pianeta delle scimmie di Wes Ball (i tre Corridore del labirinto) potrebbe essere la prima pietra miliare di una nuova trilogia.

Dalla morte di Cesare, quindi, l’acqua è passata sotto il ponte (non)sospeso di San Francisco. La giovane Noa (Owen Teague) cresce in un clan pacifico che cadrà sotto il giogo del despota Proximus César (Kevin Durand). Che prese il nome del mitico fondatore della società scimmiesca pervertendone i principi. Ben legato ai tempi lontani in cui gli umani governavano il pianeta (non sveleremo come), schiavizza i suoi simili per estendere il suo potere. Accompagnata da Mae (Freya Allan), un essere umano più intelligente dell’orso medio, Noa getterà sabbia nei piani del tiranno.

Ci saranno alleanze, tradimenti, rivelazioni. Un bel po’ di esposizione e un po’ di ritmo frastagliato. E meno sottotesto politico, critica al rapporto con il potere e metafore sulla natura umana (molto presenti nei film realizzati e, per uno di essi, co-scritto da Matt Reeves). Dovremmo vedere questo come una responsabilità dello sceneggiatore Josh Friedman, al quale dobbiamo l’angoscia Guerra dei mondiil tiepido Terminator: Destino Oscuro e l’infinito e il piatto Avatar: La Via dell’Acqua ? A sua discolpa diciamo che ci sentiamo in questo regno un po’ come dentro Salitadove dovevano essere posizionati molti elementi in modo che potessero volare via Alba E Guerra. C’è da sperare che un percorso simile si ripeta.

Perché c’è anche e soprattutto in questo 10e film in franchising, visione completa: il lungometraggio è magnifico. In questo mondo in cui la natura ha rivendicato i suoi diritti, piovono immagini potenti delle vestigia della nostra civiltà imbrigliate dalle grandi scimmie per accogliere i loro villaggi o abbandonate a se stesse come tanti spettri del passato. Per quanto riguarda il motion capture, grazie al quale gli attori diventano scimpanzé, gorilla e altri oranghi, è sorprendente. Siamo quasi sorpresi nel vedere comparire nei titoli di coda i nomi di Owen Teague, Kevin Durand, Peter Macon e non quelli di Noa, Proximus César, Raka.

Regno del pianeta delle scimmie

★★★

Dramma di fantascienza di Wes Ball, scritto da Josh Friedman. Con Owen Teague, Freya Allan, Kevin Durand, Peter Macon. Stati Uniti, 2024, 145 minuti. Al chiuso.

Da vedere in video

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