Il surrealismo ha ancora qualcosa da dirci?

Il surrealismo ha ancora qualcosa da dirci?
Il surrealismo ha ancora qualcosa da dirci?
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“Cent’anni fa André Breton pubblicava il suo Manifesto del surrealismo. Un colpo di fulmine nel mondo letterario e artistico, che segnò la rottura con il movimento Dada e gettò le nuove basi per un vero “libero”. L’ho riletto e l’ho trovato purtroppo datato.

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Breve a ventiquattro pagine, il Manifesto di Breton fu pensato inizialmente come prefazione alla sua raccolta di poesie Poisson solubile. Neologismo creato da Guillaume Apollinairela parola “surrealismo” è definita come segue: “Puro automatismo psichico mediante il quale ci proponiamo di esprimere, verbalmente, per iscritto o in qualsiasi altro modo, il reale funzionamento del pensiero. Dettatura del pensiero, in assenza di ogni controllo esercitato dalla ragione, al di fuori di ogni preoccupazione estetica o morale”. Libere associazioni, scrittura automatica, collage, integrazione dei sogni nella creazione… Lo sappiamo e amiamo, sia da Soupault, Desnos o Char in letteratura, ma anche da Dalí, Magritte o Ernst al museo. Tuttavia in questo testo c’è qualcosa che non va. Vedrei quattro ragioni.

  • Perdona la mia ipocrisia, ma la misoginia di Manifesto graffia gli occhi. Innanzitutto, su una trentina di referenze elencate, nessuna donna! Tuttavia, come ci ricorda la mostra, non costituivano semplicemente un elemento di arredo. Surrealismo al Centre Pompidou, a Parigi (recensito dal collega Cédric Enjalbert). Anche quando Breton menziona Curie, non è Marie che lo interessa ma Pierre, che ha avuto un incidente d’auto stimolante, sotto la penna di Breton. Le donne non sono nemmeno muse in questo testo, ma solo oggetti sessuali. Le uniche tre evocazioni femminili sono: “Un uomo sa quali donne ha avuto”donne adorabili, parola mia” et il titolo di una poesia, “Farsi vedere da una donna che passa per strada”. Abbiamo conosciuto più ispirazione, anche per l’epoca.
  • “Amico, questo sognatore definitivo”, pensa Breton. Perché no ? Ispirato dal lavoro di Freudl’autore vuole andare oltre l’opposizione sogno/realtà da raggiungere “una sorta di realtà assoluta, di surreale”. Leggi “stile d’informazione” letterario, educa “la prova dell’atteggiamento realistico”, tanto noioso quanto fallace, secondo lui. La verità dell’essere si troverebbe nella vita psichica notturna. Da qui questo grido: “Quando arriveranno i logici, i filosofi addormentati!” Un secolo dopo, il mondo è cambiato molto. Si divide in due categorie: quelli arrabbiati con la psicoanalisi e quelli arrabbiati con il proprio inconscio. In entrambi i casi, la psiche non è più una guida felice da seguire ad occhi chiusi. E sul lato creativo, la letteratura realistica (Annie Ernaux, Nicolas Mathieu, ecc.) vive tempi gloriosi. Nel bene e nel male, l’era non è più quella della disarticolazione ma della saturazione di significato.
  • Il fascino dei pazzi. Breton è l’autore di Nadiache porta il nome di una giovane donna di cui si innamora perché affetta da un disturbo psicologico – probabilmente bipolare con componente psicotica. Il romanzo apparve nel 1928, ma dal 1924 a Breton piacevano le persone con menti sofferenti: “Le confidenze dei pazzi, passerei la vita a provocarle” Dannazione! Lo scrittore elogia la sindrome di Ganser, in cui una persona inizia a rispondere senza senso alle domande che gli vengono poste. I pazienti lo intrattengono, lo edificano e nutrono la sua scrittura, in modo perfettamente strumentale. La povera Nadja, vero nome Léona Delcourt, morì lei stessa nell’ospedale psichiatrico, abbandonata da lui. Una visione dell’artista onnipotente e senza scrupoli con cui la nostra epoca si sta – fortunatamente – staccando.
  • Fiducia senza riserve nell’immaginazione. In sostanza, Breton ha una concezione della libertà vicina a quella di Hobbesovvero l’assenza di ostacoli. immaginazione “senza limiti” non deve saperlo “nessun lavoro di filtraggio”. L’artista vuole essere a “ricettacolo di tanti echi”. Per Breton il meraviglioso è la chiave di questa immaginazione finalmente rigenerata: “Il meraviglioso è sempre bello, ogni meraviglia è bella, solo il meraviglioso è bello.” Grazie ai racconti, all’inaspettato, allo strano, “lo spirito desidera lasciare la terra”. Ma, senza offesa al poeta, e il Novecento lo ha dimostrato, la fantasia non produce solo il meraviglioso. Se sfrenata, può portare anche al maltrattamento degli esseri umani, alla distruzione del pianeta, alla bruttezza e alla stupidità.

Stranamente, amo ancora altrettanto la letteratura e la pittura surrealista. Ma li frequento con più distanza, senza questo primo grado e questa serietà caratteristica di Manifesto. Infine, quando Breton chiede: “Per la mente, la possibilità di errare non è piuttosto la contingenza del bene?” Mi dico che solo un uomo che ha avuto il privilegio di non vagare mai nella vita può credere che sia così. Buon per lui! »

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