L’Europa è bloccata in una “trappola tecnologica media”

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OLIVIER BONHOMME

Dietro lo storico edificio Bosch a Leonberg (Baden-Württemberg) si trova una strana terra desolata. È un immenso rettangolo di terra smossa, dove crescono pochi fili d'erba. In questo sito, nel sobborgo ricco e densamente industrializzato di Stoccarda, alcuni mesi fa i bulldozer hanno chiuso un’enorme trincea. Si trattava di gettare le basi di un nuovo edificio, destinato a uno dei progetti di punta di Bosch, il principale subappaltatore automobilistico mondiale: l'ampliamento di un centro di sviluppo creato nel 2021, interamente dedicato alla guida autonoma, la più grande rivoluzione automobilistica del 21e secolo.

Non vedrà la luce del giorno. Il progetto era “respinto”spiega il gruppo. Il 40% dei dipendenti tedeschi assunti a questo scopo verranno compensati o riclassificati altrove. Quella che doveva essere la “Silicon Valley della guida assistita” è svuotata della sua sostanza, ritengono i dipendenti. In questo ambito Bosch dovrebbe fare affidamento sulle innovazioni… prodotte in Cina.

Il simbolo è vertiginoso. Leonberg è uno dei siti più colpiti dal piano sociale annunciato da Bosch il 22 novembre, il secondo in pochi mesi. In totale, entro la fine del decennio in Germania potrebbero scomparire da 8.000 a 10.000 posti di lavoro, prevede l'industriale con 30.000 dipendenti e un fatturato di 91 miliardi di euro, non quotato in borsa e fino ad oggi un datore di lavoro modello. La cosa più allarmante non è tanto il numero di posizioni eliminate quanto la loro natura: molte sono posizioni di sviluppatore IT, in uno dei settori in cui il gruppo puntava proprio ad essere all'avanguardia a livello mondiale.

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