Ancora vulnerabile, il mercato obbligazionario americano si è ripreso alla fine della scorsa settimana. I rendimenti a lungo termine hanno ricominciato a scendere per stabilizzarsi vicino ai livelli osservati prima delle elezioni, intorno al 4,3% per il T-Note a 10 anni. La decisione di Donald Trump di nominare Scott Bessent a capo del Dipartimento del Tesoro ha ricevuto un’accoglienza favorevole sui mercati finanziari. Il successore di Janet Yellen è visto come un “moderato”, garanzia di una certa stabilità (cosa che gli è valsa l’opposizione di Elon Musk che ha sostenuto Howard Lutnick, nominato capo del Dipartimento del Commercio).
L’architetto principale di “Trumponomics 2.0” ha progettato un piano 3-3-3. Il suo progetto mira a stimolare la crescita reale con un obiettivo del 3% annuo, a ridurre il deficit di bilancio al 3% del PIL e… a produrre 3 milioni di barili di petrolio in più al giorno. Se questo piano vi sembra semplicistico è perché è stato concepito per scopi puramente elettorali. La sua attuazione si preannuncia difficile, perché la crescita non può essere decretata, nemmeno invocando i santi della deregolamentazione e dell’offerta (Milton, Friedrich, Ronald, Margaret e altri).
Il consolidamento delle finanze pubbliche si preannuncia difficile dato che Donald Trump ha promesso di estendere i tagli fiscali introdotti nel 2017 e di ridurre le imposte sulle società. Consapevole degli ostacoli che si profilano a medio termine, Scott Bessent non ha puntato molto in alto fissando la scadenza nel 2028. Anche il futuro capo del Tesoro è visto come un pragmatico che cercherà di evitare una dura guerra commerciale, ma di utilizzare le tasse come leva nelle trattative con i partner e i concorrenti degli Stati Uniti.
L’emarginazione di Matt Gaetz, scelto da Donald Trump per guidare il Dipartimento di Giustizia, dimostra che Donald Trump non ha pieni poteri né un “assegno in bianco” nonostante il successo dei repubblicani alle elezioni del 5 novembre. I senatori e i rappresentanti del Grand Old Party (GOP) potrebbero quindi ridurre anche il margine di manovra di Donald Trump in materia di bilancio e tariffe.
Le scarse notizie macroeconomiche evidenziano la lampante discrepanza tra il vigore dell’attività negli Stati Uniti e la letargia che affligge l’Europa. Mentre l’indice PMI composito statunitense ha continuato a salire fino a raggiungere 55,3 a novembre (il livello più alto da aprile 2022), l’indice europeo è sceso a 48,1 (il livello più basso da gennaio). Mentre l’indice americano dedicato ai servizi raggiunge il picco di 57, l’indice europeo è sceso sotto i 50, il che riflette una contrazione dell’attività.
In Francia, la pausa olimpica ed estiva è terminata e un governo privo di maggioranza parlamentare è costretto ad affrontare sfide di bilancio insolubili. Paralizzata dalla crisi politica e da un freno al debito troppo rigido, la Germania sta pagando a caro prezzo la crisi che ha colpito il suo settore manifatturiero.
L’accumulo di sintomi di rallentamento in Europa ha causato un forte calo dei rendimenti in euro, sterline e franchi svizzeri. I recenti sviluppi dovrebbero spingere la Banca Centrale Europea (BCE) a essere più incisiva della Federal Reserve nei prossimi mesi. Molti osservatori sperano ora in un calo del tasso sui depositi dello 0,5% (dal 3,25% al 2,75%) il 12 dicembre. Le proiezioni per giugno 2025 prefigurano quindi tassi monetari in euro inferiori al 2%. In Svizzera i tassi d’interesse potrebbero essere abbassati a zero il prossimo settembre.
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