Pubblicato il 15 novembre 2024 alle 13:33 / Modificato il 15 novembre 2024 alle 18:07
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Se la domanda di acciaio è a mezz’asta, i politici possono fare poco, secondo il capo di Swiss Steel.
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La Germania sta subendo la concorrenza cinese, ma non (ancora?) la Svizzera, secondo un altro capo.
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La Svizzera deve quindi concentrarsi su questi asset – prodotti di nicchia e rispettosi del clima – che le hanno permesso di sopravvivere.
Costo dell’energia e del lavoro, franco forte, sovraccapacità cronica del mercato, tasse doganali, concorrenza sovvenzionata, incertezze legate alla decarbonizzazione, domanda fiacca. Tutti questi fattori pesano sulle attuali difficoltà dell’industria siderurgica svizzera, e in particolare di Swiss Steel Group, che venerdì ha annunciato che eliminerà 800 posti di lavoro, di cui 130 sul territorio svizzero. Ma ce n’è una che pesa più particolarmente da diversi mesi: la crisi industriale tedesca, in particolare nel settore automobilistico e nell’edilizia, i due principali sbocchi per la multinazionale con sede a Emmenbrücke, nel cantone di Lucerna.
Se la domanda è a mezz’asta, la politica non può fare molto, ha dichiarato Frank Koch, direttore generale, in un’intervista al quotidiano Finanza ed economiasempre venerdì, mentre infuria il dibattito sul possibile sostegno pubblico alle acciaierie.
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