Non siamo convinti della qualità della creazione di posti di lavoro negli Stati Uniti, poiché l’aumento è dovuto principalmente ai lavori non ciclici (governo, sanità e istruzione privata).
I mercati obbligazionari hanno assistito ad una forte rivalutazione negli ultimi mesi poiché gli investitori ritengono che il rallentamento dell’inflazione e l’aumento della disoccupazione potrebbero portare a una serie di tagli dei tassi di interesse nei prossimi due anni. La Federal Reserve (Fed) statunitense ha già iniziato il suo ciclo di allentamento, unendosi ad altre importanti banche centrali alle prese con una crescita lenta. L’iniziativa è stata stimolata dai dati macroeconomici pubblicati durante l’estate, che hanno chiaramente spostato l’equilibrio dei rischi per il mandato di politica monetaria della Fed dalla stabilità dei prezzi alla piena occupazione.
Il presidente della Fed Jerome Powell ha affermato che il Federal Open Market Committee (FOMC) non “cerca né accoglie con favore un ulteriore indebolimento delle condizioni del mercato del lavoro”, sottolineando l’importanza che la banca riveste per i dati sull’occupazione. Il tasso di disoccupazione è aumentato significativamente negli ultimi 12 mesi. Se il livello assoluto rimane benigno e non è molto lontano da quello che potremmo definire il massimo dell’occupazione, la velocità di aumento della disoccupazione è preoccupante e, storicamente, è un ottimo indicatore delle recessioni americane (come dimostra l’ampiamente discusso Sahm regola).
Tasso di disoccupazione negli Stati Uniti Regola di Sahm* rispetto alle recessioni negli Stati Uniti
Fonte: Bloomberg al 30/09/24; * Tasso di disoccupazione medio degli ultimi 3 mesi meno il tasso di disoccupazione medio degli ultimi 3 mesi negli ultimi 12 mesi.
I dati sull’occupazione non agricola e sull’indice dei prezzi al consumo (CPI) negli Stati Uniti sono i due dati più importanti rilasciati dopo il taglio dei tassi. Alcuni sostengono che i forti dati sull’occupazione di settembre, che superano le aspettative, riflettono un’economia robusta. Ma non siamo convinti della qualità della creazione di posti di lavoro, poiché l’aumento è dovuto principalmente ai lavori non ciclici (governo, sanità e istruzione privata). La componente ciclica delle buste paga mostra una crescita molto più anemica negli ultimi due trimestri.
Anche i consumatori americani sono in cattive condizioni. Stime più recenti mostrano che i risparmi in eccesso accumulati durante la pandemia sono stati completamente esauriti. In altre parole, il carburante aggiuntivo per il consumo americano è stato esaurito. La qualità del credito per i consumatori continua a peggiorare, con i ritardi nei pagamenti sui prestiti al consumo in forte aumento negli ultimi due trimestri.
L’economia americana è la chiave
Le elezioni statunitensi aggiungono la consueta incertezza al quadro, ma lo spazio per ulteriori stimoli alla spesa fiscale, almeno nel 2025, appare piuttosto limitato, in particolare con l’onere degli interessi che assume una quota crescente del deficit. Da tempo gli Stati Uniti rappresentano il motore della crescita economica globale nei mercati sviluppati. Questo è il motivo per cui monitoreremo attentamente l’economia per individuare eventuali punti di svolta. Il resto del mondo continua a sembrare in una situazione precaria. La ripresa nell’Eurozona è quasi svanita, con i recenti indici dei direttori degli acquisti (PMI) che mostrano un’ulteriore debolezza. Ciò non sembra sorprendente. Prima della pandemia, l’economia dell’Eurozona mostrava diversi segnali di debolezza strutturale, legati alla debolezza demografica e alla mancanza di competitività. Questi problemi persistono e, insieme alla forte concorrenza da parte della Cina, rappresentano un ostacolo per il settore manifatturiero. Anche se i mercati azionari hanno accolto con favore il nuovo ciclo di allentamento in Cina, riteniamo che questo sia un forte segnale della debolezza strutturale dell’economia cinese.
I titoli di Stato sono attraenti
L’inflazione a livello mondiale appare sempre meno un problema e i ritardi, ampiamente segnalati, nell’inflazione dei servizi lasciano ancora un margine molto significativo per la disinflazione nei prossimi mesi. Continuiamo a considerare la politica monetaria nei principali mercati sviluppati troppo restrittiva, in particolare l’attuale livello dei tassi reali. La principale implicazione è che la politica monetaria ha ampio margine per ritornare alla neutralità. Le aspettative del mercato sono in linea con questo scenario e si posizionano su un ritorno a questo livello neutrale (o vicino ad esso) nei prossimi due anni. A nostro avviso, ciò non tiene conto del rischio di un rallentamento più profondo, o addirittura di una recessione, che potrebbe costringere le banche centrali a superare il livello neutrale, come avviene tipicamente durante un ciclo di riduzione dei tassi di interesse.
Considerato quanto sopra, e nonostante il recente rally, continuiamo a vedere valutazioni interessanti nei titoli di Stato dei mercati sviluppati. Oltre agli Stati Uniti, appaiono sempre più attraenti anche il Regno Unito e l’Australia. Il credito societario continua a essere costoso e gli spread sono prossimi ai massimi storici. Come sempre, è molto difficile determinare con precisione quando gli spread si ampliano. Questo è il motivo per cui, data la nostra preferenza per le durate lunghe, preferiamo sempre includere una certa esposizione creditizia nei nostri portafogli come mezzo di diversificazione e fonte di carry qualora emergesse un contesto più favorevole alla crescita. Nell’ambito di questa esposizione creditizia siamo tuttavia molto selettivi.