Tassi di interesse “più alti per sempre”?

Tassi di interesse “più alti per sempre”?
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A poche ore da una riunione senza molta importanza del comitato di politica monetaria (FOMC) della Federal Reserve americana (Fed), i prestiti in dollari mostrano rendimenti stazionari dopo diverse settimane segnate dalle tensioni. Nonostante qualche piccola sorpresa, gli indicatori pubblicati la settimana scorsa non cambiano i dati sul problema che affliggono la Fed e gli investitori.

La stima preliminare della crescita del PIL statunitense si è rivelata leggermente più modesta del previsto. La crescita annualizzata del PIL, prevista attorno al 2,5%, non ha superato l’1,6% nel primo trimestre. Questo divario, tuttavia, merita di essere messo in prospettiva. Difficile da misurare, la crescita è soggetta a revisioni significative e i dati “annualizzati” amplificano la divergenza. In questo caso, il rallentamento è essenzialmente il risultato di un forte aumento delle importazioni e di una diminuzione della variazione delle scorte. La domanda interna (o vendite finali) mostra un’espansione prossima al 3% in termini reali (al netto degli effetti dell’inflazione) e al 6% in valore nominale (senza correzione per gli effetti dell’inflazione).

Con un incremento annualizzato del 3,1%, l’indice dei prezzi legato al PIL ha accelerato fortemente rispetto al tasso dell’1,6% osservato nel trimestre precedente. Ma questo sviluppo non fa altro che confermare ciò che già sapevamo: le pressioni inflazionistiche si sono intensificate a gennaio e sono persistite nei due mesi successivi. Escludendo energia e alimentari, l’indice relativo ai consumi ha mostrato un aumento dello 0,3% a marzo rispetto al mese precedente e del 2,8% su base annua – lo stesso tasso di febbraio e appena inferiore alla variazione del 2,9% osservata a dicembre. . In breve, l’inflazione è troppo “vischiosa” per consentire un allentamento della politica monetaria.

In un contesto del genere, la riunione del FOMC assomiglia a una formalità. Non c’è dubbio che lo status quo verrà mantenuto e non dovremmo aspettarci la minima rivelazione riguardo alla traiettoria dei tassi di interesse. Il comunicato stampa dovrebbe sottolineare l’importanza dei prossimi dati e bisognerà attendere il 12 giugno per individuare i progetti della banca centrale. Senza attendere le deliberazioni del FOMC, il mercato ha integrato la prospettiva di tassi d’interesse elevati e duraturi, anche se i “futures” del CME prefigurano una prima riduzione del tasso di riferimento il 7 novembre, subito dopo le elezioni.

Un messaggio confuso

Anche in Europa i prestiti in euro offrono rendimenti stabili. Le indagini sulle imprese inviano un messaggio contrastante. Gli indici PMI riflettono un calo dell’attività manifatturiera in aprile, ma un rafforzamento dei servizi. Mentre l’indice IFO sul clima imprenditoriale in Germania riflette un miglioramento, l’indagine della Commissione Europea mostra un leggero peggioramento attribuibile alla lentezza del settore secondario.

Il vicepresidente della Banca Centrale Europea (BCE), Luis de Guidos, ha confermato la prospettiva di un taglio dei tassi a giugno, presentata come un “fatto compiuto” in assenza di spiacevoli sorprese. A questo proposito, gli ultimi dati sull’inflazione pubblicati in Germania e Spagna si stanno evolvendo favorevolmente. Il banchiere centrale si è però mostrato cauto sulla prosecuzione del programma, in parte dipendente dalle scelte della Fed.

Nel Regno Unito, il capo economista della Banca d’Inghilterra ha smorzato le speranze di un rapido cambiamento di rotta, portando ad un aumento dei rendimenti della sterlina.

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