56 produttori sono all’origine della metà di questi rifiuti presenti in natura

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Per portare avanti una bozza di trattato internazionale contro l’inquinamento da plastica, 175 paesi si sono riuniti in Canada. I due si incontreranno alla fine dell’anno in Corea del Sud per mettere a punto il testo. Le differenze riguardano soprattutto le restrizioni sulla produzione di imballaggi in plastica, mentre uno studio sottolinea giustamente la responsabilità dei produttori.

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Pubblicato il 30/04/2024 07:09

Aggiornamento il 30/04/2024 07:10

Tempo di lettura: 2 minuti

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Una bottiglia di plastica abbandonata su una spiaggia. (JAMES HARDY/MAXPPP)

A livello globale, ogni minuto viene scaricato negli oceani l’equivalente di un camion della spazzatura di rifiuti di plastica e la produzione di plastica continua a crescere: oggi è di 460 milioni di tonnellate all’anno, ovvero il doppio rispetto a 20 anni fa, e a livello globale tasso attuale, potrebbe triplicare nuovamente entro il 2060.

Tuttavia, gli scienziati di una dozzina di università di tutto il mondo hanno stabilito con certezza che, nonostante tutti gli sforzi di riciclaggio, ogni aumento dell’1% della produzione si traduce in un aumento dell’1% dell’inquinamento nella natura e negli oceani. Chiaramente, per ridurre la quantità di rifiuti di plastica, non c’è altra soluzione che ridurre la produzione, affermano i ricercatori. Da qui il progetto per il primo trattato internazionale contro l’inquinamento da plastica discusso dal 2022 da 175 Paesi.

E questo studio mostra anche che l’inquinamento da plastica è molto concentrato attorno ad alcuni grandi marchi di prodotti. Dopo aver analizzato i nomi e i loghi commerciali ancora visibili su migliaia di rifiuti di plastica raccolti da volontari in più di 80 paesi, risulta che solo 56 aziende sono all’origine della metà di questi rifiuti presenti in natura. La metà dell’inquinamento provocato dagli imballaggi in plastica è quindi opera di una minoranza di produttori, tra cui Coca Cola, fonte di un rifiuto su dieci, poi Pepsico, Nestlé, Danone e Philip Morris.

Spetta a questi produttori e leader mondiali limitare questo utilizzo della plastica, secondo questi ricercatori, concentrandosi maggiormente sul riutilizzo dei contenitori con sistemi di ricarica. Perché chiaramente il riciclaggio non sarà sufficiente. Oggi solo il 9% dei rifiuti plastici viene riciclato, da qui l’urgenza di ridurre significativamente e rapidamente la produzione all’origine. Questo è anche il messaggio lanciato dall’Unione Europea nei negoziati di Ottawa. Ma i produttori di plastica e petrolio, ingredienti essenziali per la produzione, difendono ferocemente i loro interessi economici. Le ONG hanno denunciato la presenza ai negoziati di Ottawa di 196 lobbisti petrolchimici. Erano quindi più numerosi dei 180 rappresentanti dell’Unione europea.

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