Stagione 2 di Il diplomatico riprende esattamente da dove si era interrotta la prima, con rinnovata intensità e una posta in gioco drammatica più alta. Sebbene la prima stagione avesse un certo fascino, l'ho trovata a volte troppo lenta, con momenti in cui la trama sembrava languire nonostante il potenziale promettente. La serie offriva uno sguardo interessante al mondo della diplomazia, ma mancava un po’ di slancio per mantenere vivo l’interesse. È con sorprendente piacere che noto che questa seconda stagione è stata in grado di correggere questi difetti, questa volta impegnandosi in una trama più ritmata e dando ai personaggi lo spazio per prosperare veramente. Keri Russell, nel ruolo di Kate Wyler, continua a dimostrare la portata del suo talento. Questo personaggio di ambasciatrice americana immersa nel cuore della diplomazia britannica è affascinante per il suo carattere complesso e i suoi dilemmi interiori.
A differenza dei momenti incerti della stagione precedente, questa volta il personaggio di Kate viene immediatamente catapultato nell'azione fin dalla prima scena. La serie riprende dopo una drammatica esplosione che lascia diversi personaggi in condizioni critiche e l'urgenza della situazione non diminuisce mai. Kate si ritrova non solo ad affrontare minacce esterne, ma anche lotte interne con i suoi alleati e colleghi. Uno degli aspetti che mi ha lasciato dubbioso nella prima stagione è stato il ritmo irregolare della trama; alcuni episodi sembravano privi di sostanza, ma questa volta ogni scena sembra contare. La stagione 2 stringe la trama in modo più magistrale e ogni evento sembra inserirsi nella storia senza soluzione di continuità. L'indagine di Kate sull'attacco, che potrebbe coinvolgere direttamente il primo ministro britannico Nicol Trowbridge, dà una struttura più dinamica e più serrata a questa stagione.
Rory Kinnear interpreta un Trowbridge la cui ambizione e oscurità non hanno nulla da invidiare ai personaggi più oscuri della narrativa politica, e questo aggiunge una gradita tensione. Questo confronto, che contrasta con le esitazioni della prima stagione, conferisce finalmente alla serie la dimensione thriller che aveva promesso. La relazione tra Kate e suo marito Hal, interpretato da Rufus Sewell, continua a portare ricchezza emotiva alla trama. Il loro tumultuoso matrimonio, pieno di tensioni e compromessi, era già stato esplorato nella prima stagione, ma questa volta la posta in gioco è più profonda. Le ambiguità di Hal, il suo comportamento manipolativo, ma anche i suoi momenti di sincerità, rendono questo duo accattivante. Se nella prima stagione il loro rapporto a volte sembrava un po' troppo forte senza un vero sviluppo, questa stagione riesce ad affinare questa dinamica, rendendola più autentica e in linea con l'urgenza della trama.
La seconda stagione riesce anche a mettere in risalto personaggi secondari più sfumati, in particolare Eidra Park (Ali Ahn), capo della CIA. Laddove la prima stagione sembrava esitante nel dargli un ruolo da protagonista, questa nuova stagione lo integra pienamente nella storia. Il suo coinvolgimento personale con Stuart, il vice di Kate, gli permette di affrontare questioni di lealtà in un contesto teso in cui le alleanze sono fragili. Anche l'introduzione della vicepresidente Grace Penn, interpretata da Allison Janney, aggiunge una dinamica rinfrescante: questo personaggio inietta una dose di imprevedibilità nella trama, rompendo con le formalità che Kate, suo malgrado, cerca di rispettare. Ciò che emerge anche da questa stagione è un equilibrio tra suspense politica e rapporti umani che nella prima a volte mancava di profondità.
Il ritmo è più sostenuto, i dialoghi sono incisivi, e ogni colpo di scena rafforza la trama principale, senza dare quell'impressione di dispersione che avevo avvertito in precedenza. La serie riesce a trasformare gli eventi quotidiani della diplomazia in momenti di alta tensione, un'impresa dovuta tanto alla precisione della scrittura quanto all'impeccabile recitazione degli attori. L'estetica della serie rimane raffinata come nella prima stagione, con ambientazioni sontuose e scatti di strade londinesi che aggiungono una dimensione visiva accattivante. Ciò che differenzia questa stagione dalla precedente è la sua audacia narrativa. La serie non ha mai mirato a ritrarre un ritratto realistico delle relazioni internazionali, e ora abbraccia pienamente il suo lato immaginario. Il personaggio di Trowbridge è un'abile satira di alcuni leader politici odierni e la serie non evita di esplorare i rischi della diplomazia compromessa da interessi puramente personali.
È una rappresentazione esagerata, ma credibile, di ciò che la politica può diventare nelle mani di personaggi corrotti. Gli intrighi di potere e i dilemmi morali sono meravigliosamente bilanciati, aumentando l’intensità di questa stagione. In conclusione, mentre la prima stagione mi ha lasciato un'impressione contrastante, questa seconda stagione di Il diplomatico riesce a correggere la situazione con una trama più tesa e personaggi che acquistano profondità. Se la serie conserva un lato teatrale e situazioni a volte improbabili, si rivela particolarmente efficace nel suo genere, offrendo intrattenimento di qualità e un thriller politico controllato. Per i fan delle serie politiche con un tocco di romanticismo e suspense, questa seconda stagione è uno sviluppo positivo. Keri Russell conferma qui il suo talento, e questa serie, che inizialmente trovavo un po' lenta, guadagna in dinamismo e complessità per affascinare finalmente dall'inizio alla fine.
Nota: 7/10. In breve, una stagione 2 più raffinata e scritta meglio che ti fa venire voglia di vedere una stagione 3.
Disponibile su Netflix