l’essenziale
Senza filtro, la rubrica di Mémona Hintermann, grande reporter, già membro del Consiglio Superiore dell’Audiovisivo. Oggi ricorre il decimo anniversario dell’attacco terroristico a Charlie Hebdo.
Diciamo subito che non hanno vinto i terroristi dello Stato Islamico – Daesh in arabo –, a dieci anni dalle stragi del tragico 2015 in Francia. Tuttavia, gli amici di Kouachi e degli altri Abdeslam non hanno rinunciato alla loro ideologia barbara.
Tra martedì 7 gennaio e il 13 novembre – date delle stragi al Charlie’s, al supermercato kosher di Vincennes e al Bataclan – le cerimonie imporranno uno sguardo lucido su ciò che il terrorismo ha cambiato nelle nostre vite. Lo scandalo provocato dall’assassinio, in nome dell’Islam, di due professori, Samuel Paty e Dominique Bernard, ha portato l’ignominia al culmine. L’attacco ai nostri valori – sì, questa parola conta – è ancorato al tessuto sociale. La sfiducia che ci indebolisce si è ampliata a dismisura, il declino della promessa di fraternità, l’aumento dell’odio razziale e dell’antisemitismo ci stanno indebolendo. Ora è difficile vivere come prima, se non altro a causa degli obblighi del Vigipirato più o meno rosso – lo scorso marzo l’attentato mortale vicino a Mosca ha fatto un ulteriore passo in avanti.
Non appena una festa attira pubblico, anche nelle piccole città, è necessario fornire blocchi di cemento e dispositivi anti-vettura – non ideali per l’atmosfera – passare i controlli di sicurezza in un aeroporto diventa davvero doloroso. Ma come possiamo abbassare la guardia? Anche se i piani per attacchi di massa sono stati sventati durante le Olimpiadi e le Paralimpiadi, ciò non significa che la minaccia stia diminuendo. Lo testimoniano i casi di arresti e rinvii a giudizio: profili preoccupanti di giovani, e anche giovanissimi, coinvolti nella preparazione di atti nel mirino della Procura nazionale antiterrorismo. Dal 24 marzo all’11 aprile davanti alla Corte d’assise speciale per i minorenni dovranno comparire 6 imputati: uno degli imputati era minorenne quando è stata scoperta la loro organizzazione mortale. Appartenevano a una cellula cospiratrice monitorata da anni. Specificità: questi islamisti – tra cui due convertiti – operavano all’interno di una macelleria halal a Brest. Che un’impresa locale serva da covo di potenziali assassini è una novità e non aiuta la “convivenza” proclamata da Manuels Valls, allora primo ministro nel gennaio 2015, in seno all’Assemblea nazionale. Un’idea oggi in frantumi.
Tra le idee discusse da questi terroristi: sorprendere nel sonno gli abitanti di un villaggio bretone, assassinarli tutti. Come in Algeria durante la guerra civile degli anni ’90, come in Siria di recente. La Siria che rimane una minaccia per la nostra sicurezza. Nel Paese dell’ex clan El-Assad, la coalizione internazionale – di cui fa parte la Francia – bombarda da dieci anni i covi dei terroristi dello Stato Islamico.
Martedì scorso gli aerei Rafale hanno sganciato bombe su due obiettivi. Anche gli americani hanno intensificato i bombardamenti dopo il cambio di regime. I servizi antiterrorismo temono un ritorno degli islamisti e la riattivazione della loro pericolosità nelle nostre strade. Nessun paese sfugge alla voracità della piovra, lo ha dimostrato l’attentato di New Orleans. Idem in Germania, colpito a Solingen l’estate scorsa, a Magdeburgo prima di Natale.
Dieci anni dopo, non sono sicuri che Cabu, Charb e i loro amici avrebbero davvero voglia di ridere. Certamente non con chiunque.