Vladislav Surkov, che i lettori francesi conoscono nella figura immaginaria del “Mago del Cremlino”, è stato a lungo l’“eminenza grigia del Cremlino”, responsabile in particolare della questione ucraina durante il periodo cruciale che ha visto dal 2013 sia Maidan, l’annessione illegale della Crimea, la guerra del Donbass e gli accordi di Minsk.
Dal 2020, e per ragioni ancora oscure, è stato allontanato dalle alte sfere del potere, addirittura essendo stato, pare, messo agli arresti domiciliari nel 2022. Si è poi reinventato pubblicista-ideologo, pubblicando regolarmente articoli su il suo nome. In un dibattito pubblico russo che ha tutte le ragioni per trovare arido e arido, Vladislav Surkov intende proporre un discorso alternativo, dare uno sguardo ampio sull’attualità che ne restituisca il significato segreto, proporre parole chiave analitiche e mobilitanti per la politica di domani. Il “mago del Cremlino” vuole essere, insomma, il “saggio” della futura società russa, scommettendo che in questi tempi incerti ci sarà posto per una sorta di grande filosofo russo.
La sua ultima pubblicazione, più corposa di quella che abbiamo incluso nell’ultimo volume della rivista Gallimard, cerca di definire le conseguenze strategiche globali che seguiranno alla “seconda spartizione dell’Ucraina”, vale a dire il trattato che consentirà l’annessione dei territori ucraini alla Russia.
Il ragionamento è semplice: tutte le potenze contemporanee si proiettano ormai in uno spazio “senza confini”. Da Donald Trump con Groenlandia, Panama e Canada, a Erdogan con la Siria, impulsi imperialisti apparentemente sepolti stanno riemergendo in tutto il mondo, con successi diversi, ma con una tendenza comune: l’imitazione di Putin e della Russia.
Per questo decaduto consigliere è quindi necessario svelare oggi il significato nascosto dell’operazione da lui avviata all’interno delle imponenti mura di mattoni rossi del Cremlino.
Attraverso un’operazione di alchimia teologico-politica, la Russia di Putin ha reso contemporanea la forma imperiale? No, nessuno trasferimento di poterema – come nel caso di una nuova traduzione di un vecchio Dostoevskij -, a ritrasmissione del governo.
La seconda spartizione dell’Ucraina annunciata oggi avrà due conseguenze strategiche: la prima è stata effettivamente sancita dagli accordi di Minsk.
La prima conseguenza naturale della nostra vittoria sarà il rallentamento della spinta orientale (osterizzazione) forzato dalla Russia.
La sfida qui non è ripristinare un volgare occidentalismo, ma piuttosto ridurre ragionevolmente la pendenza asiatica del paese. Dopotutto, è verso Occidente che l’operazione militare speciale, in senso geopolitico, sta espandendo il nostro territorio, aprendo, per così dire, una nuova finestra sull’Europa.
L’istinto di imitazione porta ad una seconda conseguenza strategica.
I russi, in quanto etnia portabandiera dell’Eurasia, hanno registrato notevoli successi nel campo della ritrasmissione del governo.
Sono quindi sempre di più coloro che sognano soltanto di imitare la nostra nazione audace, consolidata, bellicosa e “senza confini”:
- La Turchia interviene in Transcaucasia e in Siria secondo le migliori tradizioni della Sublime Porta;
- Israele respinge implacabilmente i suoi vicini;
- La Cina sta lentamente tessendo le sue “vie della seta” attraverso tutti i continenti;
- Gli gnomi urlanti dei paesi baltici si sforzano di rimontare un’Europa spezzata e di lanciarla in battaglia;
- Trump rivendica la Groenlandia, il Canada, il Canale di Panama…
Insomma, la Russia si circonda di sosia e di parodisti, dispiegando una vera e propria parata di tutti gli imperialismi possibili e immaginabili, miniaturizzati o grandiosi, provinciali o globali, spesso grotteschi ma, ancor più spesso, gravi.
Il disturbo bipolare che caratterizzava le relazioni internazionali al momento del confronto tra due imperi, quello americano e quello sovietico, sta lasciando il posto a un disturbo multipolare, che talvolta siamo tentati di considerare una cura.
Nel linguaggio politico contemporaneo la parola imperialismo è inappropriata, quasi oscena. Ma anche se scrivessimo “i…me” invece di “imperialismo”, ciò non cambierebbe l’osservazione: gli imperi rinascono e gli imperi si scontrano.
Nel nuovo anno auguriamoci pace a vicenda. E ricordiamocelo: la pace non è altro che la continuazione della guerra con altri mezzi.