sulle orme dell’orso, un primo romanzo di successo per il narratore dell’Ariège Olivier de Robert

sulle orme dell’orso, un primo romanzo di successo per il narratore dell’Ariège Olivier de Robert
sulle orme dell’orso, un primo romanzo di successo per il narratore dell’Ariège Olivier de Robert
-

Un’altra storia dell’orso! Ne abbiamo letti così tanti… Eppure. Hai mai sentito Olivier raccontare la storia di Robert? Se è così, leggi mentre cerchi di ascoltare la sua voce. Già in questa prima frase: “Arrivato all’alpeggio di Oule, Ferrasse aveva sentito la morte prima di vederla”.

Gli essenziali del giorno: la nostra selezione esclusiva

Ogni giorno la nostra redazione vi riserva le migliori notizie regionali. Una selezione solo per te, per rimanere in contatto con le tue regioni.

Télévisions utilizza il tuo indirizzo email per inviarti la newsletter “L’essenziale del giorno: la nostra selezione esclusiva”. Potrai cancellarti in ogni momento tramite il link in fondo a questa newsletter. La nostra politica sulla privacy

La bella voce e il buon tono hanno lasciato il posto alla bella penna per un primo romanzo. La scena iniziale in cui il pastore stesso stermina le sue pecore è allo stesso tempo crudele e poetica. L’arte del narratore consiste tanto nel trasmettere quanto nel mescolare i generi. Olivier de Robert deve essersi fatto raccontare questa storia, o meglio ancora, averla raccontata a se stesso. E oggi ce lo trasmette, come un bastone parlante.

L’arte del romanziere è quella di mostrare e sentire, ma oltre le righe. Ce l’ha anche l’Ariégeois. Anche quando è necessario descrivere il silenzio:

Di solito, anche sotto il sole opprimente di agosto, quando sonnecchiare diventava un’arte, trovavamo sempre un paio di parole che catturassero le nostre orecchie. Banale, certo, non di alta filosofia, ma sufficiente a distorcere l’aria e allontanare la noia. Lì no, niente, un silenzio senza un soffio d’aria, dove il minimo rumore veniva tenuto al guinzaglio, molto stretto, molto corto. Un silenzio appiccicoso che aveva scelto di farsi ascoltare, che si accordava perfettamente con la nebbia di cotone sporco che avvolgeva la valle.

Nelle storie degli orsi ci sono necessariamente “a favore” e “contro”. Qui il villaggio è ancora più arrabbiato perché hanno mandato “una poliziotta”, Asha, che tra l’altro deve essere “per”, “era scritto sulla sua faccia”. Ma non poteva essere tutto così semplice. Non prendete mai gli abitanti dei villaggi, a Sarradeil o altrove, per dei sempliciotti o dei sempliciotti!

Da notare il posto sempre più importante che le donne occupano nelle storie dei Pirenei. Abbiamo già consigliato qui “E passerete come venti selvaggi” di Clara Arnaud o anche “Pastorales” scritta da tre pastorelle. Per non parlare del saggio molto esaustivo “Donne nei Pirenei” di Isaure Gratacos recentemente ripubblicato.

Niente di semplicistico o di semplice in questo libro. Il lavoro fa emergere tutte le contraddizioni degli agricoltori e degli allevatori locali. “Con queste stronzate degli orsi i soldi c’erano” (N.d.R.: per il rimborso delle predazioni). Ma non importa “deve morire”, “uccidiamolo”. Viene dichiarata la guerra ma il villaggio indubbiamente desidera più “la vita davanti alla quale lascia l’accampamento” che il plantigrado.

Ma qualcosa era cambiato dopo la carneficina di Oule. Emma lo vedeva tra i clienti del suo bar: «gli uomini parlavano solo del nemico senza mai nominarlo, non sorridevano, bevevano troppo, non allungavano più le spalle per sorridergli, ma sporgevano la testa. petto per parlare della morte.

Un altro esempio di coraggio in questo primo romanzo: l’invettiva del sindaco Germain Lapujade contro l’OFB quando vieta la caccia per due settimane. E la risposta della pastorella al pastore. A ciò si aggiungono alcune azioni “mediatiche” che imbrattano uomini e pecore con vernice rosso sangue e la tensione sale di un altro livello.

Olivier de Robert conosce bene il suo territorio d’adozione. Ritaglia anche i dialoghi con l’abilità posseduta dai narratori abituati alla scena. E poi c’è questo mistero, questa vecchia pastorella, questo dono che la lega all’orso per farlo ballare. Come ai vecchi tempi, quando per non morire bisognava cercare l’Eldorado addestrando il plantigrado.

Ma oggi tutti, per vari motivi, vogliono la pelle dell’orso. Tranne la strega di Astériale che, dal profondo della sua valle, lo proteggerà fino alla fine, a modo suo. Allora chi, l’uomo o il plantigrado, avrà l’ultima parola? Non necessariamente quello in cui crediamo come profetizza Lapujade.

Faremo la fine delle tue pecore Ferrasse. Ma non sarà questo ragazzo a farci scoppiare lo stomaco, ci penserà il tempo. L’unica possibilità che avevamo di finire in bellezza era forse quella di scappare come gli altri. Ma non in città, non dopo il ponte di Artiguas, avremmo potuto scappare dentro, inventare tempi nuovi, farci belli verso l’alto. Ma non sapevamo di Ferrasse, o avevamo paura di provarci.

“L’ultima danza dell’Orso” di Olivier de Robert, Edizioni De Borée

-

PREV Strasburgo. L’Orchestra dell’Università passa all’ora viennese
NEXT Nel 2024 il Museo Jenisch Vevey ha registrato un record di affluenza