Mike Matheson crolla davanti ai giornalisti

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Gli eventi delle ultime ore mettono in luce un Mike Matheson profondamente colpito, sopraffatto dalla pressione e consumato dall’umiliazione.

Di fronte ai giornalisti, il difensore del Montreal ha lasciato intendere una fragilità allarmante. La sua voce tremante, quasi rotta e i suoi occhi annebbiati dall’emozione mostravano un uomo sull’orlo delle lacrime.

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Ogni sua parola risuonava come un grido di angoscia, e i sostenitori del canadese non potevano che assistere impotenti a questo crollo emotivo.

“Sì, è imbarazzante.”

Alla domanda sulla debacle del giorno prima, quando la squadra ha subito ancora una volta sei gol o più – per l’ottava volta in questa stagione – Matheson non ha cercato di tirarsi indietro.

“Sì, è imbarazzante. Non c’è molto da dire oltre a questo. I fan vengono trattati molto meglio di così. »

Queste parole, piene di vergogna e di lucidità disarmante, lasciano intendere fino a che punto sia stato raggiunto l’orgoglio del difensore.

Matheson, ragazzo di Montreal, sa meglio di chiunque altro cosa significa giocare davanti a un pubblico appassionato ma esigente.

Interrogato sulle cause di questo ricorrente collasso difensivo, Matheson ha menzionato la giovinezza della squadra, rifiutandosi di considerarla una giustificazione accettabile.

“Sì, penso che sia certo che i giovani ci siano, ma detto così non è neanche accettabile. »

Questo riconoscimento, per quanto sincero, non è bastato a dissipare le preoccupazioni. Perché la colpa non è solo degli errori di un gruppo inesperto, ma di un’incapacità cronica di rispondere alle sfide quando si presentano.

Matheson ha anche espresso il peso della frustrazione che sta divorando lo spogliatoio.

“Penso che in questo momento tutti siano molto frustrati. Avremo un incontro tra pochi minuti, quindi non sarà divertente, questo è certo. »

Questo lapsus quasi goffo la dice lunga sullo stato d’animo della squadra. L’hockey, che dovrebbe essere un gioco, un piacere, sembra essere diventato una dura prova per questo gruppo, e Matheson lo sente più di chiunque altro.

“È importante voltare pagina”

Tuttavia, Matheson si sforza di mantenere la prospettiva, ribadendo l’importanza di voltare pagina.

“Dopodiché, è importante voltare davvero pagina e concentrarsi su Winnipeg. Perché anche se vincessimo contro Pittsburgh, dobbiamo prepararci per assicurarci di iniziare bene e di giocare bene contro Winnipeg”.

Queste parole, seppur lucide, faticano a mascherare un profondo sconforto. Matheson, stanco e scoraggiato, sembra aggrappato all’idea che la prossima partita possa essere una boccata d’aria fresca.

Il momento più sorprendente di questa intervista è senza dubbio questa voce tremante e vacillante, mentre Matheson cercava di rispondere come meglio poteva alle domande dei giornalisti.

Ringraziò più volte (grazie, grazie, grazie, grazie, grazie) come per concludere una conversazione diventata troppo pesante da sopportare. Ciò che è chiaro è che Matheson è a un punto di svolta.

Il suo orgoglio, la sua sicurezza e forse anche la sua passione per il gioco sembrano essere messi a dura prova.

Se i Montreal Canadien vogliono ritrovare la stabilità sul ghiaccio, dovranno prima assicurarsi che i loro leader, come Matheson, non crollino sotto il peso delle aspettative.

Per il momento, questo difensore del Montreal, che così spesso incarna la resilienza, sembra stranamente fragile, come se questa stagione difficile lo avesse prosciugato del suo entusiasmo.

Possiamo solo sperare che trovi il sostegno di cui ha bisogno, prima che questa situazione lasci il segno.

Il caso di Mike Matheson è diventato al centro di un vortice mediatico dopo la partita di ieri.

Il suo livello di gioco, considerato disastroso dai tifosi, sembra influenzarlo ben oltre la pista di pattinaggio. All’incrocio tra un’enorme pressione per prosperare nella sua città natale e un flusso costante di critiche aspre e cattive, Matheson ora sembra un uomo distrutto.

Le sue performance non vengono più solo analizzate, ma sezionate con una ferocia che non gli lascia spazio per respirare.

Di fronte ai giornalisti, Matheson ha mostrato una fragilità sconcertante, quasi dolorosa da guardare. La sua voce tremante, i suoi occhi quasi annebbiati dalle lacrime e le sue risposte intervallate da silenzi pesanti dicono molto sul suo stato d’animo.

Il suo sguardo era sfuggente, come se sapesse già che le sue parole non sarebbero bastate a placare la rabbia dei tifosi.

Matheson, orgoglioso montrealese, sa meglio di chiunque altro cosa significa indossare la divisa dei Canadiens davanti a un pubblico esigente.

Ma sa anche che, in questa città, i critici possono essere spietati. I social network non gli offrono tregua.

Commenti come “Matheson non è un quarterback, punto” o “Sembrava che stesse giocando da ubriaco!” » circolano alla velocità della luce.

Legge queste parole, le sente e gli pesano sulle spalle.

Per Matheson, queste critiche non sono solo parole. Attaccano direttamente il suo orgoglio e il suo profondo attaccamento alla squadra.

È consapevole che diversi sostenitori già chiedono la sua partenza, sperando che la dirigenza trovi un compromesso il più rapidamente possibile.

Questa idea, per un giocatore così orgoglioso di rappresentare Montreal, è senza dubbio la più dolorosa di tutte.

Sul ghiaccio, Matheson sembra portare il peso del mondo. Sempre in ritardo alle partite, incapace di tenere il passo, è diventato un ostacolo piuttosto che una risorsa.

Proprio ieri, la sua incapacità di riposizionarsi di fatto ha portato a costosi fatturati. Il vantaggio numerico, che doveva essere il suo punto di forza, si è trasformato in un frustrante esercizio di passaggi prevedibili e ripartenze sbagliate.

Si ritrovava sempre sul didietro.

Peggio ancora, invece di ridurre il suo tempo di gioco per permettergli di rimettersi in sesto, Martin St-Louis ha continuato a dargli maggiori responsabilità, in particolare sulla prima unità di power play.

Una decisione percepita come incomprensibile dai tifosi, che non hanno mancato di sottolineare che Lane Hutson sarebbe stata un’opzione molto più logica.

Al di là del caso individuale di Matheson, è la gestione della squadra ad essere chiamata in causa. Come può un giocatore così in difficoltà mantenere un ruolo così importante senza conseguenze?

Questa situazione invia un messaggio preoccupante al resto dello spogliatoio, dove giovani talenti come Hutson o anche Kaiden Guhle devono dimostrare il loro valore in ogni partita.

Matheson, dal canto suo, sembra sempre più messo alle strette.

“Sono tutti molto frustrati”, ha ammesso.

“Tra pochi minuti avremo una partita e non sarà divertente, questo è certo. Ma dopo è importante voltare pagina. »

Queste parole, seppur lucide, suonano come un disperato bisogno di una boccata d’aria fresca in una stagione che sembra soffocare sotto il peso delle aspettative disattese.

Il tempo stringe per Mike Matheson e il canadese. Se il difensore non riesce a ricomporsi in fretta, diventerà difficile giustificare la sua presenza in un ruolo così centrale.

I tifosi, dal canto loro, non perdoneranno quello che percepiscono come favoritismo nei confronti di un giocatore che ha completamente perso l’orientamento.

Per Martin St-Louis, la gestione del caso Matheson potrebbe diventare una vera prova della sua credibilità come allenatore.

Continuare a favorire un giocatore che sembra sopraffatto rischia di incrinare non solo la fiducia dei tifosi, ma anche quella degli altri giocatori.

Per quanto riguarda Matheson, il suo futuro è più incerto che mai. Per un uomo che porta il suo amore per Montreal come un distintivo d’onore, questa stagione si preannuncia un incubo emotivo.

Il tempo dirà se Matheson troverà la forza per superare questa prova o se la pressione insopportabile della città alla fine avrà la meglio su di lui.

Nel frattempo, ogni partita è un crudele promemoria delle enormi aspettative che derivano dal privilegio – e dall’onere – di giocare per i Montreal Canadiens.

Per Matheson…è un peso in ogni senso della parola…

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