Mozione di censura: il governo Barnier vive le sue ultime ore?

Mozione di censura: il governo Barnier vive le sue ultime ore?
Mozione di censura: il governo Barnier vive le sue ultime ore?
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Da parte sua, anche il presidente Emmanuel Macron ha chiesto ieri “stabilità“e al “responsabilità” da tutti ma ci sono pochissime possibilità che venga ascoltato.

Doppia opposizione di sinistra e di estrema destra

Le opposizioni sono infatti determinate a censurare il governo. Piuttosto due volte: il Nuovo Fronte Popolare (NFP, alleanza della sinistra) ha presentato una mozione di censura… e anche il Raggruppamento Nazionale (RN, estrema destra). Saranno esaminati e sottoposti al voto dei deputati il ​​prossimo 4 dicembre alle ore 16.00. Salvo stravolgimenti finali, andrebbero adottati perché se sommiamo i voti dei deputati di entrambi gli schieramenti arriviamo a sfiorare le 320 schede, senza contare nemmeno quelli dei ciottisti dell’UDR, alleati del RN. Si tratta di una cifra molto superiore ai 289 voti necessari per far cadere il governo. Unico colpo di scena possibile: il partito di estrema destra potrebbe, chissà, decidere all’ultimo minuto di non votare la mozione avanzata dalla sinistra, visti i termini poco lusinghieri in essa contenuti (la mozione evoca “le più vili ossessioni” del RN ). Una strategia difficile da comprendere, ma che consentirebbe a Marine Le Pen di censurare il governo, senza farlo cadere. E quindi farla franca giocando al perbenismo, in un’ultima mossa di poker bugiarda.

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Da notare che sette deputati socialisti si sono rifiutati di firmare la mozione di censura della sinistra (anche se probabilmente la voteranno), e che il gruppo Liot (centrosinistra non iscritto al PFN), spesso decisivo nelle votazioni delicate, ha scelto di non associarsi a questa iniziativa. Bertrand Pancher, presidente del gruppo, ha spiegato: “Questo testo va troppo oltre e cade in una posizione politica”.

Dopo Barnier?

Dietro le quinte, Emmanuel Macron sta già anticipando l’era post-Barnier. Secondo fonti vicine all’Eliseo, il presidente studierebbe diversi profili per il posto di primo ministro, nel caso in cui la mozione di censura venga adottata. Tra i nomi citati ci sono quelli di Sébastien Lecornu, attuale ministro delle Forze Armate, o del centrista François Bayrou, che da decenni tiene d’occhio Matignon. La sinistra sogna ancora di vedere la sua musa Lucie Castets nominata capo del governo. Al di là della personalità prescelta, restano dubbi sulla capacità di chiunque di governare senza maggioranza e di fronte a un’Assemblea divisa in tre blocchi inconciliabili.

Se la mozione dovesse bocciare, Michel Barnier potrebbe provare a rilanciare il suo progetto attorno a nuove priorità e consolidare la “base comune” fatta di centristi e moderati di destra, dilaniata da incessanti battibecchi interni. Ma se verrà approvato, i bilanci 2025 dello Stato e della Previdenza sociale non potranno essere adottati, il che avrà conseguenze molto concrete sul potere d’acquisto dei francesi (questo è già accaduto due volte, nel 1962 e nel 1979). Emmanuel Macron dovrà risolversi in un grande rimpasto per ripristinare la stabilità politica, in assenza di uno scioglimento dell’Assemblea nazionale che resta escluso prima del giugno 2025 secondo il calendario costituzionale.

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Michel Barnier diventerebbe quindi il capo di governo più effimero della Quinta Repubblica (90 giorni), battendo Bernard Cazeneuve (primo ministro di François Hollande per 155 giorni, da dicembre 2016 a maggio 2017) in questo record. La sua fulminante destituzione confermerebbe un fatto famigerato trend sotto la presidenza di Emmanuel Macron: la durata dei mandati dei suoi vari primi ministri ha continuato a ridursi dal 2017. E pensare che c’è stato un tempo, non molto lontano, in cui il Presidente della Repubblica si vedeva maestro degli orologi…

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