Anche se la tregua con Hezbollah è entrata in vigore mercoledì mattina, gli sfollati nel nord di Israele rimangono scettici, combattuti tra il desiderio di tornare a casa e la convinzione che non saranno al sicuro finché Hezbollah non sarà sconfitto.
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Pubblicato il 27/11/2024 alle 19:06
Tempo di lettura: 3 minuti
Corrispondente a Gerusalemme
UNopo dodici mesi di scambi quotidiani di razzi e due mesi di incursioni militari nel sud del Libano, questo mercoledì mattina il rumore della guerra si è fermato al confine. “Soddisfatto? È una parola grossa”. Annat Zisovich si sente particolarmente confusa. Sfollato dal Kibbutz Yiftah da più di un anno, questo agronomo di 44 anni esita a tornare a casa: “Non siamo sicuri che la tregua garantisca un ritorno in buone condizioni. Per le famiglie senza figli ciò pone meno problemi. Ma noi, con i nostri due figli, abbiamo bisogno che tutti i sistemi educativi funzionino, il che non è ancora il caso”, spiega la donna che è anche a capo di questo piccolo kibbutz agricolo bloccato al confine con il Libano. Come lei, quasi 60.000 israeliani furono evacuati dalle comunità di confine.
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