la madre di un ostaggio israeliano, ancora prigioniero a Gaza, cerca di mantenere la speranza

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Idit Ohel non ha ricevuto alcun segno di vita da suo figlio Alon, 23 anni, ostaggio di Hamas, dal 7 ottobre 2023.

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Pubblicato il 25/11/2024 12:40

Tempo di lettura: 3 minuti

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Idit Ohel, la madre di Alon, nel settembre 2024, durante una conferenza stampa a Belgrado, in Serbia. (OLIVER BUNIC/AFP)

Un anno fa è iniziata l’unica tregua a Gaza dopo il massacro del 7 ottobre e l’inizio della guerra. Tra il 24 e il 30 novembre 2023 le armi tacciono e per sei giorni vengono scambiati 104 ostaggi e 240 prigionieri palestinesi. Un'ondata di speranza è scesa rapidamente per le famiglie degli israeliani e dei cittadini con doppia nazionalità, tra cui due francesi ancora a Gaza. È il caso di Idit Ohel, la madre di Alon. Il 23enne è stato rapito dal luogo del festival Nova. È ancora nell'enclave.

Da 416 giorni Idit Ohel non riceve alcun segno di vita da Alon: “Mio figlio è stato rapito vivo il 7 ottobre. Ci sono dei suoi video. E questo è tutto quello che sappiamo.” Da allora è sopravvissuta e ha affrontato momenti di profondo dolore. Come lo scorso 31 agosto, quando sei ostaggi furono trovati morti in un tunnel, probabilmente uccisi a sangue freddo dai loro sequestratori: “È stato molto, molto difficile quando Hersh, Carmel Gat e tutti gli altri sono stati assassinati. È stato molto difficile…”

Altri periodi sono piuttosto venati di speranza. Come questa tregua di sei giorni, un anno fa, quando credeva nell'imminente liberazione di suo figlio: “Non avrei mai pensato che sarei stato ancora qui un anno dopo. Mai.” Oggi l'Idit continua a manifestare e a chiedere ogni giorno la liberazione degli ostaggi: “Sai, sono una madre. Voglio solo che mio figlio sia al sicuro, che torni a casa e continui a vivere come se nulla fosse successo. Forza e speranza sono tutto ciò che ci resta oggi. Devo pensare così. Non c'è alternativa . Devo rimanere positivo per lui, ma non è solo per me.

“Se gli ostaggi tornano a casa, significa che gli israeliani si sentiranno al sicuro nel loro Paese. Significa che il governo si prende cura dei suoi cittadini”.

Idit non sa però se negoziare o forzare Hamas ed è un dibattito che, comunque, non gli interessa: “Mi aspetto che il mio governo riporti indietro mio figlio. Quando e come non ne ho idea. Non so perché continua così ed è così difficile… Spero solo che ci sia una buona ragione per cui non è ancora con noi. “

Tra poche settimane Donald Trump sarà alla Casa Bianca e in campagna elettorale aveva promesso che avrebbe posto fine alla guerra a Gaza. Questo è, ovviamente, una fonte di speranza per Idit. Vuole giudicarlo “a pezzo” ha detto, e “non solo sulla mia parola”.


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