Euro 2024 e la paura che il calcio muoia

Euro 2024 e la paura che il calcio muoia
Euro 2024 e la paura che il calcio muoia
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C’è stata questa partita d’apertura piacevole e spettacolare. C’è stata anche, nei giorni successivi, una sfilza di traguardi francamente piacevoli, tanto che abbiamo potuto, fin dalla prima settimana, stilare una bella Top 10 delle realizzazioni più belle di questa competizione. Insomma, c’era entusiasmo, e la voglia di credere che il calcio nazionale potesse resistere a tutto, per sempre. Ora che la fase a gironi è (finalmente) alle spalle, resta quel piccolo amaro in bocca. E, ancora, un pizzico di preoccupazione.

Dal punto di vista strettamente calcistico, questo Euro 2024 è, per il momento, penosamente povero ma non certo sorprendente. Lì, davanti ai nostri occhi, è scritto il risultato di diverse tendenze più o meno scelte, più o meno anticipate, ma quasi sempre guidate da cattive ragioni.

La prima osservazione è anche la più evidente: i giocatori sono stremati. Sono loro che lo dicono – lo ha sollevato Antoine Griezmann in conferenza stampa – e a soffrirne sono soprattutto le grandi nazioni del calcio. Poiché le loro rose sono composte essenzialmente da elementi che militano nei più grandi campionati e in club che gareggiano nelle competizioni più importanti fino alla fine, l’Euro è per loro un supplemento indigeribile.

L’Euro a 24 e la corsa al ribasso

Non dovrebbe essere solo questo, ma è quello che hanno deciso le massime autorità calcistiche. Con programmi completamente sovraccarichi, i preparativi pre-gara non sono più realmente disponibili. Gli azzurri, ad esempio, hanno avuto solo dieci giorni per prepararsi all’incontro e tre sono stati interamente dedicati ad una vigorosa preparazione fisica per cercare di rimediare all’irrimediabile situazione.

“Il problema principale per i Blues è che Giroud e Griezmann sono fuori livello”

Tanto meglio per gli outsider o per i piccoli pollici, diranno alcuni, senza vedere che si tratta di un livellamento verso il basso. Ricordiamo, inoltre, che la presenza di alcune di queste squadre è dovuta solo ad un ampliamento dell’Euro, da 16 a 24 partecipanti rispetto all’edizione 2016 con l’unico obiettivo di generare più partite, quindi maggiori introiti pubblicitari e televisivi per la UEFA. .

Queste nazioni non c’entrano nulla e non si tratta certo di rimproverare loro la loro presenza. E nemmeno le armi con cui combattono: schematicamente, bassi blocchi chiusi con torri doppie o triple in attesa che le faglie procedano contro di loro. Pur sapendo che con il format attuale tre pareggi nella fase a gironi possono bastare per arrivare agli ottavi.

Intendiamoci: la ricetta è vecchia come il mondo, esiste, e questo è un bene, visto che resta il modo migliore per scuotere, o addirittura rovesciare, i colossi. Ma a differenza dei grandi club, le grandi nazioni semplicemente non hanno più il tempo per trovare la soluzione, o per mettere in atto i vari meccanismi tattici necessari per aggirare il problema.

Niente più difficoltà a tirare…

Questo ci spinge verso una sterilizzazione del gioco, come ha osservato senza troppa convinzione Arsène Wenger, responsabile dello sviluppo del calcio della FIFA, nel bel mezzo della Coppa del Mondo in Qatar: “le squadre bloccano il centro campo e si aprono un po’ di più sulle fasce“. “Osserviamo una tendenza in cui la compattezza di tutte le squadre in un assetto difensivo è così focalizzata sul centrocampo che è davvero molto difficile per le squadre sfondare il centro e tirare in porta da 20 o 25 yard.“, aggiunse Jurgen Klinsmann, allora membro del gruppo di studio tecnico dell’organismo.

Gestione del gruppo, comunicazioni, scelta degli uomini: la corazza di Deschamps si sta rompendo?

Conseguenza diretta: i favoriti tirano “peggio”. L’Inghilterra ha segnato solo il 34,5% dei tiri. Portogallo? 30,2%. Azzurri? 27,7%. In questo piccolo gioco, sono Austria, Svizzera, Repubblica Ceca, Romania e Croazia a formare la Top 5, con tassi vicini o superiori al 40 o addirittura al 50%. Non è una coincidenza.

A ciò si aggiunge una tendenza che non è propriamente imputabile alle autorità, ma piuttosto all’idealizzazione di un unico modo di giocare. Quasi ovunque in Europa il guardiolismo ha dato origine all’ossessione per il possesso palla, senza che questo ingrediente purtroppo si accompagni a tutti quelli che hanno fatto il successo anche dell’allenatore spagnolo.

…e dribbling

Anche qui la constatazione era già stata fatta durante il precedente grande torneo: “In Europa negli ultimi dieci anni c’è stata la tendenza ad educare i nostri giovani giocatori secondo una filosofia molto veloce, uno o due tocchiosservò Klinsmann. Muovi la palla velocemente, allontanati da essa e mantieni il possesso. Tutti questi obiettivi tolgono un po’ la capacità dei giocatori di affrontare uno contro uno.”

E poiché ormai la partita si svolge sulle fasce, assistiamo a una forma di improduttività da parte delle nazioni più forti. Durante Euro 2021, solo tre squadre hanno completato meno della metà dei dribbling tentati (Ungheria, Slovacchia e… Germania). Dall’inizio di Euro 2024, solo quattro squadre hanno completato più della metà dei dribbling tentati (Ucraina, Croazia, Italia, Serbia). Provocare non paga più.

Durante la fase a gironi, un terzo dei gol sono stati segnati su calci piazzati (e dopo alcuni rigori generosamente concessi dal VAR) così come da difensori avversari spinti all’errore dall’assedio della propria area

Quindi, vale ancora la pena tenere d’occhio l’Euro? Sì, e per almeno due motivi. Innanzitutto perché l’inizio degli ottavi segna anche la fine dei calcoli della spesa. Poi perché il calcio, per fortuna, non è solo gioco ma anche passione, colpi di scena ed emozioni. E su questi piani, la Francia, che ha vissuto la più grande finale della storia dei Mondiali dopo 60 minuti di inattività, e la Georgia, eroica contro il Portogallo mercoledì sera e arrivata agli ottavi per la prima volta, sono sulla stessa barca .

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