Scomparso dal 12 agosto, il kayakista americano che ha simulato la sua morte per poter fuggire con la sua amante in Europa, ha rotto il silenzio, hanno annunciato giovedì 21 novembre le autorità.
Finalmente esce dal silenzio. Sono passati tre mesi da quando Ryan Borgwardt, un padre di 44 anni, ha simulato la sua morte durante una gita in kayak su un lago nel Wisconsin, negli Stati Uniti. Dopo aver scoperto che l'americano aveva finalmente deciso di abbandonare la famiglia per fuggire in Europa con l'amante, le autorità gli hanno intimato di fornire notizie. Infine, giovedì 21 novembre, il vice capo dell'ufficio dello sceriffo della contea di Green Lake, Matthew L. Vande Kolk, ha dichiarato di aver ricevuto un video di 24 secondi dal padre, risalente alla settimana scorsa.
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“Oggi è l’11 novembre. Dove vivi sono circa le 10 del mattino. Sono nel mio appartamento. Sono al sicuro, nessun problema. Spero che funzioni”, è quanto hanno sentito gli investigatori nel video inviato da Ryan Borgwardt. Sebbene l'uomo desse segni di vita, non ha fornito dettagli su dove si trovasse. Quindi, da quando hanno ricevuto il video, gli investigatori hanno comunicato con lui quasi quotidianamente. Ma per il momento non ha parlato con la sua famiglia.
Un piano ben eseguito
Durante i colloqui con le autorità, l'uomo ha rivelato loro i dettagli della sua fuga. Ha detto loro di aver affondato il kayak e il cellulare nel lago, prima di remare su una barca fino a riva. Luogo dove aveva precedentemente nascosto una bici elettrica. Poi si è recato nella città di Madison, poi ha preso un autobus per Detroit, prima di prendere un aereo per il Canada.
L'uomo ha espresso ancora rammarico per il modo in cui ha ferito la sua famiglia e per i mezzi impiegati per cercarlo: il direttore dell'associazione Bruce's Legacy, Keith Cormican, ha speso circa 10.000 dollari (9.400 euro) per le prime due settimane di ricerche.
Di conseguenza, Ryan Borgwardt rischia la condanna per ostruzione alla giustizia e la contea sta chiedendo fino a 40.000 dollari di “restituzione” per compensare i costi di ricerca.
