Menzione speciale per il Premio per il miglior documentario all'ultimo Festival di Berlino, ma premiato anche con il Premio per il miglior film nella sezione Incontri, “Azione diretta” è un film che si prende volutamente il suo tempo (circa 3h35 in totale) per testimoniare i meccanismi della lotta sociale, e per allontanarsene mostrando come una comunità possa diventarlo, al di là, nel suo modo di organizzazione come, per alcuni, della vita, di fronte a uno Stato che non ha altra risposta se non la repressione e la sorveglianza. Per finire con il tentativo di uno degli ultimi governi di sciogliere l'associazione Les Rivoltas de la Terra, il film ci racconta innanzitutto attraverso alcune immagini d'archivio nelle manifestazioni e negli scontri del 2018 a Notre Dame des Landes, prima di immergerci nella vita di una comunità fino a un intervallo centrale, una ripresa volutamente anodina su un sentiero locale sotto la pioggia, dove giace la carcassa di un veicolo che apre il secondo Partendo dalla lotta contro il mega bacino di Sainte-Soline, il film si concentra poi sull'organizzazione di una protesta che probabilmente si ripeterà in altri luoghi.
Particolarmente interessante, la prima parte analizza prima gli interrogatori della polizia attraverso uno scambio sulla strategia delle sabbie mobili, poi ci trasporta in un altro ritmo di vita, sfidando così quello frenetico che ci impone il mondo moderno. Scopriamo così una serie di mestieri, che utilizzano modi di fare che sembrano d'altri tempi (cavallo da lavoro per arare, raccogliere scarabei della patata del Colorado, fabbro, ecc.) ma che implicitamente mostrano la creazione di un proprio ecosistema, anche se non menzionato si tratta qui della questione della rinuncia a certi elementi di uno stile di vita moderno. La seconda parte si concentra sul modo di organizzare la lotta contro progetti che rappresentano un'assurdità ecologica e sullo specchio dell'incapacità di dialogo dei poteri pubblici, sottolineando soprattutto i mezzi di repressione attuati contro la resistenza dei cittadini.
Astenendosi purtroppo dal mettere mai in discussione l’uguaglianza prima delle tasse, la necessità di progetti di interesse generale, né i limiti di un modello di autosufficienza su scala di popolazione o territori con risorse necessariamente limitate, “Azione diretta” però coglie nel segno nel mostrare la voglia di controllare o reprimere piuttosto che di dialogare, confinando così gli avversari alla resistenza fisica. Quindi, anche se il film non è esente dalla durata (15 minuti di impastamento della farina, due giri di 9 frittelle invece di una sola…) e avrebbe potuto beneficiare di 45 minuti in meno per raggiungere un pubblico più vasto, “Direct Action” raggiunge comunque il suo obiettivo di dimostrare che possono esistere altri modelli, pur costituendo una base formidabile per il dibattito.
Olivier BachelardInvia un messaggio alla redazione