ENel 1971, Paul, un giovane attivista maoista, è svuotato delle sue speranze rivoluzionarie nate con il fervore del 1968. Stabilitosi in una piccola fabbrica di macchine da scrivere, si danneggia il corpo e la testa mentre sogna un altro Grand Soir più vaporoso. Una sera incontrando alcuni compagni, “ una specie di messia » appare: il carismatico Fernando, un rifugiato spagnolo antifranchista di ritorno dalla Cina. Paul si sente immediatamente attratto dalla sua proposta di mettere in pratica qui e ora la rivoluzione proletaria.
Affascinati e conquistati, una quindicina di uomini e donne aderirono anche a quella che presto avrebbero chiamato “l’Organizzazione”, formata come un’avanguardia rivoluzionaria pronta a qualsiasi sacrificio per la causa. Seguendo le linee guida di “ compagno F », con una retorica imbattibile e un’aura immensa, gli attivisti stanno facendo piazza pulita del loro passato. Entrano definitivamente nella fabbrica e rifiutano violentemente tutto ciò che considerano riflessi piccolo-borghesi. A poco a poco, il gruppo si isola e si stabilisce “nell’Edificio”, un ex convento di Clichy che occupa sul modello della comune popolare cinese di Tatchai. Tra le sue mura e fuori dal mondo, l’incubo durerà per anni.
Fino a che punto possiamo spingerci per la causa? Come scompare il pensiero critico?
Violenza di genere, controllo e manipolazione, partecipazione volontaria al totalitarismo, sottomissione… In Il Profeta Rosso: indagine su rivoluzione, carisma e dominio (La Découverte, 2024), la sociologa Julie Pagis, già autrice di numerosi lavori sulle traiettorie di coloro che vissero gli eventi del 68, si tuffa in questa storia delirante e analizza i meccanismi del dominio carismatico. Presi in una serie di spirali orchestrate dal loro leader, i membri dell’organizzazione collettivizzano i bambini, criticano i loro tagli di capelli troppo borghesi o progettano l’assassinio di uno di loro.
Basandosi su terrificanti quaderni tratti dagli archivi dell’Organizzazione e sulle testimonianze dei sopravvissuti, consegna un thriller sostenuto da domande dai mille echi: fino a che punto possiamo spingerci per la causa, come possiamo svanire il pensiero critico, ecc. E un dato sorprendente: non tralascia però quella parte di luce e di entusiasmo che ha sostenuto tutta questa esperienza. “ Encharismée ” dalla personalità di Fernando e indebolita dalla sua lunga indagine, la ricercatrice ha faticato a scriverlo, trattenuta dall’idea di ” libertà di parola negli ambienti degli attivisti » e l’importanza di interrogarsi» la nostra comune vulnerabilità di fronte al potere carismatico […] affrontare questo problema a testa alta ed evitare che i nostri sogni finiscano fatalmente nel cimitero delle utopie ».
Di Robin Bouctot