È giustificato tassare tre volte gli stessi profitti?

È giustificato tassare tre volte gli stessi profitti?
È giustificato tassare tre volte gli stessi profitti?
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Pertanto, ipotizzando un titolo che distribuisce un dividendo annuo lordo di 365 euro e che viene venduto il giorno prima dello stacco della cedola, l'intero dividendo pagato il giorno successivo verrà considerato come reddito dell'acquirente, mentre all'acquirente ha pagato 364/365 venditore per il quale rappresenta legalmente una plusvalenza.

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L'acquirente riceverà quindi solo il 70% del dividendo lordo, ovvero 365 x 0,7 = 255,50 euro. Ne consegue che il dividendo compreso nel prezzo delle azioni dovrebbe logicamente essere valutato al netto in modo che, nell'esempio, il prezzo includa un dividendo di 364 x 0,70 = 254,8 euro e in nessun caso 364 euro, ciascuno dei successivi detentori quindi indirettamente di la loro quota nella ritenuta alla fonte sui dividendi.

Ciò significa che ciò che, nell’esempio, sembra essere una plusvalenza per il venditore, in realtà rappresenta la sua quota nel dividendo netto pagato. Mostreremo più avanti che in questo sistema forfettario di tassazione degli utili societari, una plusvalenza realizzata da un lato ha come corollario una plusvalenza o una minusvalenza minore dall'altro.

E la liquidazione della società?

In definitiva, al momento della cessazione dell'attività della società, il valore del titolo corrisponderà al controvalore del suo patrimonio, il che darà luogo alla distribuzione di un rimborso di capitale nonché di “bonus”, soggetti quest'ultimi alla ritenuta d'acconto del 30%.

Ne consegue che per un azionista che ha detenuto le sue azioni per tutta la vita di una società, l'importo totale formato dai dividendi netti da lui percepiti e dalla plusvalenza che realizzerà sotto forma di premio di liquidazione sarà stato soggetto ad un prelievo globale di 25 + (75 x 0,3) = 47,50%.

Perché dovrei venderti?

Immaginiamo una società con un capitale di 1.000 euro che durante la sua esistenza ha realizzato 8.000 euro di utili soggetti a 2.000 euro di imposta sulle società, ovvero una disponibilità netta di 6.000 euro che destina interamente a un fondo di riserva. Al momento della sua liquidazione, questa società dovrà trattenere una ritenuta alla fonte del 30% su 6.000 euro, cioè 1.800 euro, per cui ai suoi azionisti verranno rimborsati, oltre al capitale di 1.000 euro, 4.200 euro di bonus di liquidazione, cioè in totale 5.200 euro.

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Se i beneficiari di questa ripartizione sono i fondatori della società, avranno realizzato una plusvalenza complessiva di 4.200 euro, che deriva da utili soggetti a detrazione Isoc di 2.000 euro + 1.800 euro di ritenuta d'acconto, in totale, 3.800 euro corrispondenti al 90,50% dell'utile netto di 4.200 euro per gli azionisti.

Immaginiamo ora che le azioni di questa società siano state vendute dai fondatori al prezzo di 4.000 euro; quindi con una plusvalenza di 3.000 euro. In questo caso, se le plusvalenze sono tassate con l'aliquota del 10%, i venditori saranno soggetti ad un'imposta aggiuntiva di 300 euro; che porta il totale delle trattenute a favore dello Stato a 3800+300=4100 euro. Ciò porta il profitto cumulativo di venditori e acquirenti a 3.900 euro, le detrazioni totali ora corrispondono a 4100/3900 = 105,13% del profitto totale degli azionisti. Cercheremmo invano cosa giustifichi questa differenza di tassazione quando, in sua assenza, l’utile complessivo degli azionisti successivi rimane invariato.

Anticipare profitti futuri o addirittura sopravvalutati

Certamente, i prezzi delle azioni possono anticipare i profitti futuri, anche quelli sopravvalutati. Ma ciò non cambia il problema poiché, prima o poi, l'acquirente sarà soggetto a tassazione sui dividendi corrispondenti alle plusvalenze che ha pagato al venditore (quindi con il rimborso del suo prezzo di acquisto), o sulla perdita risultante dal prezzo extra che ha pagato. Tuttavia, in quest’ultima eventualità, la coerenza fiscale unita al rispetto della capacità contributiva implica che, se si tassano le plusvalenze, si debbano detassare le relative minusvalenze.

Ciò implica che, in tutti i casi, modificare l’attuale sistema di tassazione del capitale di rischio tassando le plusvalenze e azzerando le minusvalenze avrebbe semplicemente l’effetto di tassare in modo diverso profitti identici a livello globale; il che non ha senso visti i problemi che pone.

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