Contro Trump alla Casa Bianca: dotarsi di tutele

Contro Trump alla Casa Bianca: dotarsi di tutele
Contro Trump alla Casa Bianca: dotarsi di tutele
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Le elezioni presidenziali americane di quest’anno sono una campagna di paura. In un caso, quello di Donald Trump, egli stravolge le sue disavventure legali per trarre lezioni per i suoi sostenitori. Tra Joe Biden e i democratici ci basiamo sulle parole dell’ex presidente per avvertire che nessuno sarà al sicuro dalla sua vendetta.

Non c’è da stupirsi che, sondaggio dopo sondaggio, gli americani ripetano la loro sfiducia nei confronti dell’altro campo politico. Piuttosto che seguire un viaggio di idee e progetti sociali, questa corsa presidenziale è costellata di descrizioni apocalittiche di ciò che comporterà la vittoria dell’altro campo.

Proprio ieri mattina, Donald Trump ha distorto le avventure che il sistema giudiziario americano gli ha fatto vivere: “la mia casa è stata saccheggiata… mi hanno scattato una foto segnaletica… sono stato arrestato, imbavagliato e trascinato davanti al tribunale… il giudice democratico corrotto nel mio processo truccato da Biden ha minacciato di mettermi in prigione…” – per affermare che stava assorbendo questi attacchi per impedire attacchi ai suoi sostenitori.

Per i democratici c’è solo l’imbarazzo della scelta

I democratici, dal canto loro, si ispirano direttamente ai commenti del candidato repubblicano per dimostrare il suo fanatismo. Se questo sia il suo modo di descrivere i suoi rivali politici – “…i comunisti, i marxisti, i fascisti e i delinquenti della sinistra radicale che vivono come parassiti entro i confini del nostro paese e che mentono, rubano e imbrogliano durante le elezioni. ..” – o le sue promesse di militarizzare la deportazione di milioni di immigrati privi di documenti, il suo eventuale ritorno alla Casa Bianca dovrebbe essere sufficiente, secondo loro, a suscitare il terrore in coloro che hanno a cuore la democrazia e il rispetto della legge.

Questa preoccupazione riguarda anche i leader delle maggiori democrazie riuniti giovedì e venerdì in Italia al vertice del G7. Due di loro – il presidente francese Emmanuel Macron e il primo ministro canadese – non hanno dimenticato cosa significhi negoziare con Donald Trump. Justin Trudeau, del resto, porta ancora le cicatrici del vertice di Charlevoix del 2018, quando il presidente repubblicano lo definì “debole e disonesto”.

Con il suo “America First” e i suoi ripetuti attacchi alla NATO, l’ex presidente aveva mandato in frantumi quelle certezze decennali secondo cui gli Stati Uniti sarebbero stati una forza stabilizzatrice negli affari transatlantici e avrebbero sempre garantito la sicurezza dell’Europa.

Innanzitutto, difendere l’Ucraina a lungo termine

L’esilio dalla Casa Bianca non ha ammorbidito Donald Trump. La Russia, ha detto, potrebbe “fare quello che vuole” ai membri della NATO che non rispettano i loro obblighi di spesa militare. E senza fornire il minimo dettaglio, ha affermato di poter porre fine alla guerra in Ucraina in ventiquattr’ore.

Perplessi, i leader del G7 hanno invece ripiegato su una serie di nuove iniziative volte a proteggere gli aiuti occidentali agli ucraini dai capricci dell’ex presidente. Su iniziativa di Washington, hanno quindi approvato il principio di un prestito di cinquanta miliardi di dollari a Kiev, garantito dagli interessi futuri generati dai beni russi congelati, beni stimati in quasi 300 miliardi di dollari.

I membri della NATO intendono inoltre ratificare un nuovo piano in base al quale l’alleanza prenderà il posto degli Stati Uniti nel coordinamento degli aiuti militari all’Ucraina. Questo dice tutto: siamo sul punto di prepararci al peggio dotandoci di garanzie nel caso in cui Donald Trump riprenda il controllo della principale potenza economica e militare del mondo.

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