Amundi rileva convergenze e divergenze tra Trump e Biden

Amundi rileva convergenze e divergenze tra Trump e Biden
Amundi rileva convergenze e divergenze tra Trump e Biden
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“Anche se mancano solo sei mesi al 5 novembre, la partita di ritorno tra il presidente Biden e l’ex presidente Trump è ancora troppo incerta per poterla prevedere”, sottolineano tre manager dell’Amundi Investment Institute, Mahmood Pradhan, responsabile della macroeconomia, Anna Rosenberg, responsabile della geopolitica e Paresh Upadhyaya, responsabile del dipartimento tassi e strategia dei cambi, in una nota dedicata alle prospettive americane.

I dirigenti evidenziano innanzitutto le convergenze dei due candidati. Entrambi i programmi potrebbero portare a deficit più elevati, stimano, “che farebbero aumentare il debito e i rendimenti del Tesoro”.

“Entrambi i candidati perseguirebbero politiche commerciali protezionistiche”, affermano i manager, sottolineando che mentre Biden “potrebbe ampliare la gamma di obiettivi”, Trump “intende proteggere le industrie americane di base, il che potrebbe portare a conflitti commerciali con gli alleati in Europa e Asia.

Ritenendo che i due candidati debbano attuare anche politiche migratorie “più severe”, i dirigenti sottolineano che “le minacce di Trump di deportare gli immigrati privi di documenti avrebbero tuttavia un effetto negativo significativo sull’offerta di lavoro e sui salari.

I due candidati presentano quindi ovviamente differenze significative.
Sul piano fiscale, Trump sarebbe favorevole all’estensione della sua riforma fiscale del 2017 (Tax Cuts and Jobs Act), mentre Biden “cercherebbe di ridurre la tassazione sui redditi bassi o modesti e aumentare quella dei redditi alti e delle imprese”.

La politica energetica americana mirerebbe, sotto Trump, all’autosufficienza e alla produzione petrolifera nazionale e sotto Biden al “sostegno alle iniziative di energia pulita”.

Infine, i gestori ritengono che i mercati azionari potrebbero ottenere risultati migliori in un “governo diviso”, in cui il partito del presidente non controlla il Congresso, perché “ridurrebbe la probabilità di controversi aumenti fiscali e di politiche commerciali aggressive”.

fonte: AOF

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