I giudici della Corte penale internazionale sono spesso presi di mira, dal Mossad all’amministrazione Trump

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2024: intimidazioni del Mossad

Alla fine di maggio, il quotidiano britannico Il guardiano ha rivelato che l’ex direttore dell’intelligence israeliana, Yossi Cohen (dal 2016 al 2021), aveva condotto una campagna intimidatoria nei confronti di Fatou Bensouda, ex procuratore della Corte penale internazionale (CPI), dopo l’apertura, nel 2019, di un’indagine su presunti crimini di guerra in Palestina. Secondo il quotidiano Yossi Cohen “avrebbe mostrato a Bensouda copie delle fotografie di suo marito scattate a sua insaputa”, suggerendo che continuare le indagini avrebbe danneggiato la sua carriera. A maggio, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, il suo ministro della difesa, Yoav Galant, e tre funzionari di Hamas sono stati presi di mira da un mandato di arresto della Corte penale internazionale.

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Yossi Cohen a Gerusalemme, 10 gennaio 2016. GALI TIBBON/PISCINA/AFP

2023: il procuratore Karim Khan nel mirino di Mosca

In risposta al mandato d’arresto emesso dalla Corte penale internazionale contro il presidente russo Vladimir Putin per il trasferimento illegale di bambini ucraini, Mosca ha aperto nel marzo 2023 un’indagine su “attentato contro il rappresentante di uno Stato estero”, prendendo di mira il procuratore della Corte penale internazionale Karim Ahmad Khan. Questo episodio di pressione ne segue molti altri: nel 2016, la Russia ha annunciato il suo ritiro dallo Statuto di Roma, il trattato istitutivo della CPI (firmato nel 1998), dopo che quest’ultimo aveva qualificato l’annessione della Crimea da parte di Mosca, nel 2014, “situazione di conflitto armato internazionale”. Una minaccia già brandita qualche anno prima, in seguito all’apertura di un’indagine su presunti crimini commessi dalle truppe russe in Georgia nel 2008.

>Vladimir Putin, a Mosca, il 22 novembre 2023.>

Vladimir Putin, a Mosca, il 22 novembre 2023.

Vladimir Putin, a Mosca, il 22 novembre 2023. MIKHAIL KLMENTYEV/POOL/AFP

2020: una Corte penale internazionale “morta” sotto l’amministrazione Trump

Nel 2020, l’amministrazione Trump ha imposto sanzioni economiche e restrizioni di viaggio agli alti funzionari della Corte penale internazionale nel corso delle indagini sui crimini di guerra commessi dalle forze armate statunitensi in Afghanistan. Due anni prima, John Bolton, allora consigliere di Donald Trump, aveva annunciato di voler chiudere l’istituzione: “Lasceremo morire la Corte penale internazionale da sola. Dopotutto, per così dire, la Corte penale internazionale è già morta ai nostri occhi”, aveva affermato. Appena insediato alla Casa Bianca, nel 2021, Joe Biden ha revocato le sanzioni contro la Corte.

>Donald Trump, a Washington, il 14 aprile 2020.>

Donald Trump, a Washington, il 14 aprile 2020.

Donald Trump, a Washington, il 14 aprile 2020. MANDEL NGAN/AFP

2019: le Filippine si ritirano dello Statuto di Roma

Lanciata nel 2016, la guerra contro il traffico di droga guidata dall’allora presidente filippino Rodrigo Duterte ha causato migliaia di morti nel Paese. Dal 2018, la Corte penale internazionale si occupa delle esecuzioni sommarie di civili commesse in nome della lotta contro la droga. L’anno successivo Rodrigo Duterte annunciò il ritiro delle Filippine dallo Statuto di Roma. Lo scorso aprile, il nuovo presidente filippino, Ferdinand Marcos, aveva dichiarato che non avrebbe consegnato il suo predecessore all’Aia se la Corte avesse deciso di emettere un mandato di arresto contro di lui.

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