Benvenuti nell'Absurdistan: il municipio di Parigi si vanta di una “zona pacifica” senza automobili, mentre la RER si trasforma in un campo di battaglia. Questo lunedì 4 novembre, sulla linea E della RER, si è verificato un episodio di violenza insensata davanti agli occhi inorriditi dei passeggeri: uomini si sono affrontati con asce e machete. Quattro feriti gravi, urla, panico. Questa è l'impostazione. E nel frattempo il municipio va avanti, senza sosta, nella sua volontà di vietare alle auto il centro della capitale, costringendoci a utilizzare i mezzi pubblici afflitti dall’insicurezza. Una “zona pacifica” dici? No, un abbandono pianificato della sicurezza dei parigini.
Trasporti pubblici: una trappola per gli onesti?
La politica anti-auto ora ci impone di rinunciare ai nostri veicoli, queste ultime bolle di sicurezza, per prendere la RER dove rischiamo in ogni momento di incontrare aggressori armati fino ai denti. No, questa non è la sinossi di un film d'azione, ma la vita quotidiana di molti utenti, confrontati con violenza, attacchi e un sentimento permanente di paura. Stiamo scacciando le auto, che permettono alle donne, agli anziani e alle persone più vulnerabili di viaggiare in tutta sicurezza. E li rinchiudiamo in un sistema di trasporto pubblico dove il pericolo si nasconde ad ogni angolo del treno.
Una politica irresponsabile, che non tiene conto della sicurezza
Cosa pensiamo ai vertici del Comune? Alla calmatura delle strade, alla riduzione dei fastidi, al sogno di una città verde e pedonale. Ma a quale costo? Mentre abbattiamo gli ultimi baluardi della sicurezza individuale vietando le automobili, assistiamo impotenti alla trasformazione dei nostri trasporti pubblici in una zona senza legge. Perché in questa follia anti-auto dimentichiamo un dettaglio cruciale: per molti l’auto è sinonimo di protezione. Protezione contro la violenza, contro gli attentati, contro l'insicurezza dilagante che affligge i trasporti.
Vittime sacrificate sull'altare dell'ecologia urbana
Gli utenti dei trasporti sono le vere vittime di questa politica. Salgono ogni giorno su treni e metropolitane affollati, con il cuore addolorato, chiedendosi se il viaggio della giornata andrà liscio. In Île-de-France i dati parlano chiaro: attentati, furti e violenze sono in aumento nei trasporti. Donne, giovani e persone vulnerabili vengono strappati alla relativa sicurezza dei loro veicoli per diventare facili prede nei corridoi della RER e della metropolitana.
Una capitale abbandonata, un popolo abbandonato
Volendo fare di Parigi una città modello senza auto, il municipio si disconnette dalla vita quotidiana dei parigini. Toglie loro la sicurezza che gli era rimasta, li spinge tra le braccia di un sistema di trasporti sempre più pericoloso, chiude un occhio su una realtà che nessuno osa affrontare a testa alta. E durante questo periodo glorifichiamo l'avvento della “zona pacifica”. Calmato? Per chi? Non certo per le vittime di questo trasporto pubblico consegnato alla legge del più forte.
L'auto: ultimo rifugio in una città piagata dalla violenza
La verità è lì, cruda, brutale: per molti parigini l'auto rappresenta molto più di un semplice mezzo di trasporto. È un rifugio, una garanzia di sicurezza, uno spazio dove non dobbiamo temere di incontrare un aggressore armato di ascia. Vietando l'auto, costringendo la popolazione a ricorrere ai trasporti dove rischia di diventare ogni giorno vittima, assistiamo a un tradimento. Un tradimento della sicurezza dei parigini, un tradimento dei più vulnerabili. Perché l'auto non è solo un mezzo di trasporto, è anche una protezione, una libertà. È diritto di ciascuno viaggiare senza temere per la propria vita, per la propria integrità, senza chiedersi se la giornata di viaggio non si concluderà con un attentato, un furto o peggio.
La visione utopica di un'élite staccata dalla realtà
Dietro i discorsi tranquillizzanti del municipio sulla “Parigi pacifica”, si nasconde una palese disconnessione dalla realtà quotidiana. Questa visione utopica di una capitale in cui tutti si sposterebbero a piedi o in bicicletta ignora consapevolmente le paure e i pericoli affrontati dagli utenti dei trasporti. In questo mondo idealizzato non incontriamo ladri, aggressori o attaccabrighe armati sulla RER. Ma per coloro che sperimentano la realtà dei trasporti, questa bellissima illusione si trasforma rapidamente in un incubo. Le élite, protette nei loro uffici, sembrano aver dimenticato cosa rappresenta la sicurezza per i loro cittadini.
Parigi senza auto: in nome di chi?
La domanda brucia sulle labbra: in nome di chi viene attuata questa politica? Non certo in nome di chi prende la metro tutti i giorni, né delle famiglie che sui trasporti si preoccupano per i propri cari. ERiducendo l’auto a un nemico, ignoriamo le vite che protegge, le preoccupazioni che lenisce, la libertà che offre. Questa scelta sociale, imposta in nome dell’ecologia, ha un costo umano immenso che taciamo e minimizziamo, ma che risuona ogni volta che si verifica una tragedia nei trasporti?
Chi si assumerà la responsabilità?
In un momento in cui Parigi afferma di diventare un modello di città sostenibile, è tempo di porsi le domande giuste: chi proteggerà i cittadini se i trasporti pubblici diventeranno arene di violenza quotidiana? Chi si assumerà la responsabilità delle vite messe in pericolo? Perché sacrificando l'auto, è la sicurezza di migliaia di parigini che abbandoniamo sull'altare dell'ideologia. Il municipio ci promette un futuro idilliaco, ma questo futuro si costruisce a costo del presente, a costo delle paure e delle sofferenze di chi, ogni giorno, non ha altra scelta che salire su una RER, pregando di arrivare nella sicurezza.