PPiù si avvicinano le elezioni presidenziali negli Stati Uniti, più i due candidati competono nell’impegno di un sostegno incrollabile a Israele, e anche nelle garanzie che tale sostegno sarà ulteriormente aumentato. Donald Trump si presenta costantemente come il miglior alleato che Israele abbia mai avuto alla Casa Bianca, moltiplicando al contempo dichiarazioni più imbarazzanti che convincenti: elettori ebrei che non voterebbero per lui « dovrebbero farsi esaminare la testa »e una vittoria dell’attuale vicepresidente significherebbe la scomparsa di Israele « dopo due anni».
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Ma Kamala Harris non è da meno, martella in tutte le occasioni “Il diritto di Israele a difendersi”. Certamente il candidato democratico preferisce insistere “l’importante alleanza tra il popolo americano e il popolo israeliano” piuttosto che citare il primo ministro Benjamin Netanyahu, partner storico di Donald Trump, e i cui rapporti con il presidente Joe Biden sono notoriamente tesi.
Resta tuttavia improbabile che gli Stati Uniti, indipendentemente da chi vincerà le elezioni del 5 novembre, ridurranno sostanzialmente gli aiuti ormai colossali che concedono a Israele.
Supporto sempre più massiccio
Gli Stati Uniti sono stati il primo Paese a riconoscere Israele, poche ore dopo la proclamazione dell’indipendenza dello Stato ebraico, nel maggio 1948. Ma troppo spesso dimentichiamo che, nonostante questo decisivo appoggio, Washington rifiuta da tempo di schierarsi nella il conflitto derivante dalla prima guerra arabo-israeliana, nonché l’esodo di circa 750.000 profughi palestinesi.
Fu del resto la diplomazia americana a spingere, nel dicembre 1948, affinché l'Assemblea generale dell'ONU adottasse la risoluzione 194, che riconosce un “diritto al ritorno” per questi palestinesi, offrendo loro l'alternativa tra rimpatrio e risarcimento. E furono ancora gli Stati Uniti a gettare, un anno dopo, le basi dell’UNRWA, l’agenzia delle Nazioni Unite incaricata di assistere i rifugiati palestinesi fino alla risoluzione di tale controversia. Durante la prima occupazione israeliana della Striscia di Gaza, nel novembre 1956, il presidente repubblicano Dwight Eisenhower chiese e ottenne il ritiro incondizionato delle truppe israeliane dall'enclave palestinese, nonché dalla penisola egiziana del Sinai.
Fu solo nel giugno 1964 che il primo ministro israeliano, Levi Eshkol, fu ricevuto ufficialmente alla Casa Bianca da un presidente democratico, Lyndon Johnson. È di questo periodo che risalgono le prime consegne militari dagli Stati Uniti ad un esercito israeliano ancora in gran parte equipaggiato con equipaggiamenti francesi. Tale tendenza è aumentata dopo la guerra del giugno 1967 e l’occupazione da parte di Israele dei territori palestinesi di Gerusalemme Est, Cisgiordania e Gaza, nonché del Sinai egiziano e del Golan siriano.
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