Scomparsa di Steve Albini: la playlist tributo

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I nostri team, i nostri lettori e migliaia di artisti in tutto il mondo hanno perso una figura tutelare. Steve Albini, forse il più influente produttore di suoni indie, è morto martedì 7 maggio per un infarto, all’età di 61 anni.

Il suo nome nella storia del pop è inciso da più di 30 anni, ma il musicista e tecnico del suono americano – odiava la parola “produttore” – restava un inesauribile produttore di dischi nei suoi studi di Chicago e si preparava a rilanciare Shellac, l’ultimo dei tre gruppi in cui ha lavorato anche come musicista.

Questa playlist di 30 brani, da noi prodotta, offre solo una panoramica approssimativa della sua eredità.

Pixies, Nirvana, PJ Harvey…

Albini ha co-definito insieme ai Pixies il sound del rock alternativo americano producendo il primo e colossale album del quartetto Frank Black, La surfista Rosa nel 1988. È intervenuto anche agli albori delle carriere di future grandi figure come Slint, Tortoise o The Breeders.

Fu proprio Albini a essere scelto dai Nirvana quando fu necessario dargli un successore Non importa (Per Nell’utero nel 1993), da PJ Harvey quando fu necessario dare un successore Asciutto (Liberarsi di me1993), da Gli Autori quando fu necessario inventare il seguito di Nuova ondata (Dopo Murder Park, 1996) e da centinaia di altri artisti della scena rock, pop, post-punk e noise, alla ricerca di autenticità, potenza, assenza di compromessi. Tra questi, in Francia, i Thugs e Dioniso in particolare.

Albini, però, non poteva essere solubile in una caricatura qualunque, lui che aveva anche dato un’ambientazione favolosa alle struggenti canzoni di Jason Molina per Songs: Ohia (Secretly Canadian ha appena pubblicato come tributo la pianta dello studio che lui stesso aveva disegnato), al popolo malinconico di Scout Niblett, Nina Nastasia o Shannon Wright.

“L’album Albini”

Aveva accompagnato l’ascesa del post-rock dei Godspeed You! Imperatore Nero e, a costo di ripetersi, centinaia di gruppi anonimi ai quali ha prestato il suo orecchio, le sue mani e la sua passione, lui che se ne fregava di status e posture.

Essere prodotti da Steve Albini era così importante nella carriera di una band che il secondo album degli Elysian Fields, Test clinicoquello che non ha mai visto un’uscita ufficiale perché troppo intransigente, è stato di fatto ribattezzato L’Album Albini.

Quest’uomo porta con sé una percentuale significativa, che ti piaccia o no, che tu lo sappia o no, nel tuo affetto per l’indie-rock così come lo beviamo da quando abbiamo capito che il mondo era molto più grande e più vivibile in sua compagnia .

L’annuncio di questa scomparsa è per noi uno scomodo e tragico braccio del destino poiché arriva quasi nel momento esatto in cui stiamo lanciando il progetto che ci sta più a cuore dal nostro rilancio nel 2021: una serie di quattro uscite negli anni ’90, che ha contribuito così tanto a plasmare.

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