Il “salario dignitoso” proposto da Michelin è un’ottima idea, ma è efficace?

Il “salario dignitoso” proposto da Michelin è un’ottima idea, ma è efficace?
Il “salario dignitoso” proposto da Michelin è un’ottima idea, ma è efficace?
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Michelin è una di quelle aziende francesi ben radicate nella regione, con un’immagine forte e manager le cui parole sono sempre state ascoltate nel mondo politico e imprenditoriale. Da decenni il messaggio sostanzialmente non è cambiato: lasciate che le aziende lavorino e si svilupperanno con il massimo beneficio del Paese e dei suoi dipendenti.

L’azienda, infatti, non esita mai ad adottare misure radicali per riorganizzare le proprie attività e trasformare, o addirittura chiudere, i propri siti produttivi quando lo ritiene necessario per mantenere la propria competitività. In cambio persegue una politica salariale tutt’altro che indegna.

Ecco perché l’annuncio, il 17 aprile, della garanzia di un “salario dignitoso” e di una “protezione sociale di base universale” per tutti i dipendenti del gruppo nel mondo non sorprende del tutto. Non lo sono nemmeno le dichiarazioni del suo presidente Florent Menegaux, secondo cui il salario minimo non è uno stipendio dignitoso.

Accordo globale

Questa idea di un salario dignitoso (o salario dignitoso) non è nuova. Inoltre, in Francia, aziende come Danone o L’Oréal, per citarne alcune, hanno già iniziato a metterlo in pratica. Nel testo fondatore dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) nel 1919, troviamo già questa nozione di “garanzia di un salario che assicuri condizioni di vita adeguate”. Ma è proprio negli ultimi anni che abbiamo visto questa nozione occupare un posto sempre più importante.

Nel 2000, Kofi Annan, Segretario Generale delle Nazioni Unite, ha lanciato il progetto di un Global Compact, con dieci principi che dovrebbero guidare le aziende a raggiungere diciassette obiettivi di sviluppo sostenibile, tra cui quello di “promuovere una crescita economica sostenuta, condivisa e sostenibile,…

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