colf vittime di molestie

colf vittime di molestie
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Charles Luylier / Crediti fotografici: POOL / GETTY IMAGES EUROPE / GETTY IMAGES VIA AFP
7:48, 29 aprile 2024

Dopo le accuse di “molestie morali e sessuali” rivolte dalla specialista in malattie infettive Karine Lacombe al medico d’urgenza Patrick Pelloux, diversi medici, infermieri e assistenti infermieristici hanno confidato di essere obiettivi di predatori all’interno dell’ospedale stesso. Ma ad essere presi di mira non sono solo il personale medico, lo sono anche le donne delle pulizie.

Lunedì saranno ricevuti al Ministero della Salute i rappresentanti del personale medico ospedaliero. Il ministro Frédéric Valletoux vuole porre fine alla violenza sessista e sessuale negli ospedali. L’ondata , scatenata dalle accuse dell’infettivologo Karine Lacombe contro il medico d’urgenza Patrick Pelloux, ha portato alla luce decine di testimonianze di medici, infermieri e assistenti infermieristici, che affermano di essere bersaglio di predatori all’interno dell’ospedale stesso Ospedale. E questo vale anche per le donne delle pulizie.

“Io avevo 18 anni, lui 40”

“All’inizio pensavo che l’ospedale fosse un luogo sacro”. Da allora Aurélie è rimasta delusa dopo un lavoro estivo di tre mesi come addetta alle pulizie in un ospedale nel sud della Francia, per colpa di un dirigente infermieristico. “Sei bravo! Mi piacerebbe davvero fare l’amore con te. È proprio un stronzo e un vizioso”, denuncia al microfono di Europa 1. Un comportamento che, con il passare delle settimane, poi è peggiorato. “Ha provato a baciarmi, ha provato a mettermi in una stanza per poter fare delle cose con me. Avevo 18 anni, lui 40”, ricorda Aurélie.

Un ascendente di cui quest’uomo era ovviamente consapevole. “Avevo bisogno di lavorare e avevo bisogno di soldi. Dato che è un dirigente, si sente molto più superiore”, spiega. E come se non bastasse, in questo ospedale regnava l’omertà. “Ho detto: ‘senti, non è normale che mi dicano cose del genere’. Ma ecco, ai colleghi dell’ospedale non importava. Non è normale come donna dire che non siamo ascoltate”, lamenta la giovane donna. Aurélie, di fronte a questa mancanza di appoggio e all’atteggiamento della sua superiora, preferisce lasciare definitivamente l’ospedale e rinunciare alla sua vocazione principale dell’epoca, gli studi da infermieristica.

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