Una spedizione oceanografica fornisce la prova dell’atlantificazione del Mar Glaciale Artico. Cosa significa questo?

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Immagine d’archivio dell’Artico che mostra l’era glaciale. Fonte immagine: NASA

Francisco Martin Leon Spagna meteorita 26/11/2024 12:00 4 minuti

La spedizione internazionale BIOCAL, guidata dall’Istituto di Scienze e Tecnologie Ambientali dell’Università Autonoma di Barcellona (ICTA-UAB), ha fornito nuove prove il fenomeno dell’“Atlantificazione” del Mar Glaciale Artico, un processo legato al cambiamento climatico che comporta la graduale invasione delle acque atlantiche nell’Oceano Artico Polare.

L’“Atlantificazione” dell’Artico: crescente sviluppo e suoi impatti

La campagna ha permesso di raccogliere campioni al fine di studiare l’evoluzione della biodiversità marina attraverso l’analisi di organismi planctonici calcificanti. Gli organismi planctonici calcificanti contribuiscono alla regolazione della CO2 atmosferica e della chimica dell’acqua di mare. Questi organismi formano gusci di carbonato di calcio e sono particolarmente sensibili all’acidificazione degli oceani e ai cambiamenti climatici.

Nei mesi di agosto e settembre, la nave da ricerca oceanografica Sarmiento de Gamboa ha navigato da Vigo (Spagna) a Reykjavik (Islanda), dopo aver campionato gli arcipelaghi delle Azzorre (subtropicale) e delle Svalbard (polare) e analizzato gli oceani Nord Atlantico e Artico meridionale.

Durante questo viaggio, sono stati prelevati campioni di acqua e sedimenti e sono stati condotti esperimenti in situ per valutare la biodiversità e la biogeografia marina, così come il loro ruolo nel ciclo del carbonio, con particolare attenzione alla calcificazione del plancton. Ricerche condotte in regioni di diverse latitudini, dalle zone più calde dell’Atlantico alle acque più fredde dell’Artico, ha permesso al team scientifico di raccogliere prove dell’impatto dell’“Atlantificazione” sulle caratteristiche fisico-chimiche degli ecosistemi acquatici e pelagici.

Campioni sul ponte della nave scientifica. Credito: ICTA-UAB
Campioni sul ponte della nave scientifica. Credito: ICTA-UAB

“L’intrusione delle acque atlantiche trasforma l’Artico in un oceano sempre più caldo e sempre meno salato a causa della fusione accelerata. Inoltre, questa intrusione sta modificando rapidamente gli ecosistemi marini e la distribuzione delle specie artiche”, spiega Patrizia Ziveri, oceanografa dell’ICTA-UAB e responsabile scientifica della campagna.

Questo fenomeno modifica la produttività primaria e secondaria e consente alle specie provenienti dalle latitudini più temperate di estendere il loro habitat verso nord, generando competizione alimentare e predazione sulle specie artiche.

Temperature sempre più calde

Nell’arcipelago delle Svalbard, gli scienziati hanno osservato specie di plancton calcificante di coccolitofori, pteropodi con guscio e foraminiferi (i tre principali gruppi calcificanti) ai margini del loro abituale areale geografico, così come temperature superficiali superiori alla media di 22 anni in agosto e settembre. La vasta area esaminata durante la campagna, dalle regioni subtropicali alle regioni polari, ha permesso agli scienziati di osservare l’impronta globale dei cambiamenti climatici sulla biogeografia delle specie di plancton calcificante più comuni.

Questo progetto si basa sull’evidenza che la perdita di biodiversità marina rappresenta una delle maggiori minacce per gli oceani, ma la maggior parte della conoscenza proviene dai macrogruppi e dai grandi animali.

Il cambiamento climatico di origine antropica e il degrado ambientale stanno producendo effetti allarmanti come il riscaldamento, l’acidificazione, la stratificazione e la deossigenazione degli oceani, che colpiscono sia il piccolo plancton che i pesci.

Fornito da dell’Università Autonoma di Barcellona.

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