Al Denim Premiere Vision, un settore diviso tra imperativi commerciali e sfide ecologiche

Al Denim Premiere Vision, un settore diviso tra imperativi commerciali e sfide ecologiche
Al Denim Premiere Vision, un settore diviso tra imperativi commerciali e sfide ecologiche
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Discussioni entusiaste, incontri, sorrisi, trattative e tendenze… Il 5 e 6 giugno, i produttori di blue web e gli specialisti europei dei marchi venuti a scoprire le proposte autunno-inverno 2025-2026 di circa 80 espositori si sono incontrati al Superstudio Più di Milano per lo spettacolo Denim Première Vision. Una sessione dinamica che ha attirato più di 2.000 visitatori e numerosi brand internazionali nonostante un contesto complesso per il settore, colpito da un rallentamento dei consumi nei segmenti di mercato di fascia media e alta.

Più di 2.000 visitatori sono venuti al Denim Premiere Vision – FNW

“La particolarità del periodo è che il settore non si trova ad affrontare una sola sfida. I giocatori hanno poca visibilità a medio termine che incide sulla loro strategia, stima Fabio Adami Dalla Val, il direttore del programma L’inflazione è un punto, soprattutto in Germania che è il più grande mercato del denim in Europa, ma le tensioni tra Cina e Stati Uniti hanno ripercussioni anche sulle attività, e la chiusura del mercato russo ha colpito diversi attori così come problemi logistici in Asia o sul Canale di Panama. Senza visibilità gli attori cercano rassicurazione.

Nelle corsie del salone si constata infatti che, anche se i visitatori sono interessati alle ultime proposte di stile e cercano innovazioni, l’anno finanziario 2024 è complicato e occorre cautela.

“Il 2023 ha costituito una bolla sul mercato. Nel 2024 è più complicato, ma torneremo ai livelli pre Covid-19 credo che stiamo andando verso una normalizzazione del mercato, stima Paolo Biondaro, manager internazionale spiega lo specialista italiano Elleti La cosa complessa è che vediamo che c’è ancora domanda, ma che i marchi aspettano molto più a lungo prima di effettuare gli ordini, sempre alla ricerca di innovazioni e novità.”

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Di fronte a questo contesto, gli operatori a monte cercano di ampliare il proprio raggio d’azione, l’azienda italiana specializzata nei trattamenti del denim, vedendo i propri clienti sviluppare proposte sportive, offre ora il tintura in capo sulle poliammidi e sviluppa soluzioni di lavorazione per accessori.

Una strada esplorata anche dall’azienda italiana FashionArt, rilevata a fine 2022 da Chanel. L’azienda propone soluzioni con miscele di materiali, e sviluppa anche tecniche per l’utilizzo del denim nella realizzazione di accessori e borse. Il tutto con la voglia di portare novità “differenzianti”. Dal punto di vista operativo, l’azienda ha acquistato una lavanderia a gettoni per ottimizzare i tempi di risposta per la consegna ai propri clienti.

Da parte del colosso turco Isko, questa stagione l’approccio è quello di concentrarsi sulle applicazioni moda dei suoi sviluppi in tessuti e tagli. Ha così segmentato la sua offerta in cinque concetti. “Volevamo rispondere al mercato”, ha spiegato lo stand del produttore, “dobbiamo fornire un connubio tra tecnologia innovativa e moda avanzata”.

Sebbene negli ultimi anni l’attenzione si sia concentrata sulle innovazioni eco-responsabili che hanno trasformato il vertice della piramide dell’industria del denim, stiamo assistendo a una battuta d’arresto in questo settore?

Al termine del convegno che riunirà i grandi protagonisti del denim – FNW

Durante una tavola rotonda che ha riunito le leggende della tela blu Marithé Bachellerie, Jimmy Taverniti, Adriano Goldschmied e François Girbaud, due visioni si sono contrapposte su questo punto.

“I nuovi creatori sono totalmente bloccati dai giganti del lusso che monopolizzano la minima tendenza. È impossibile per loro esprimersi. Per quanto riguarda il riciclaggio, dobbiamo smetterla. Sono passati 40 anni da “Stiamo parlando di Ma non è possibile riciclare un pezzo di merda e poi avere un doppio pezzo di merda. Stiamo andando contro il muro. Tocca all’industria cambiare”, ha tuonato François con la sua leggendaria schiettezza.

Una visione alla quale Adriano Goldschmied non aderisce: “Ci sono molti limiti, ma la tecnologia sta cambiando lo scenario. Dobbiamo allineare tecnologia e design. La digitalizzazione offre incredibili possibilità abbassando i prezzi e permettendo di muoversi più velocemente. L’era delle biotecnologie apre possibilità di superare l’era del petrolio. E la riciclabilità ci permette di riutilizzare i prodotti, ma anche di creare nuovi materiali. I rifiuti sono il nuovo petrolio!

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Al salone, anche se nel breve periodo i discorsi sono commercialmente pragmatici, i player presenti che puntano ad un universo premium pullulano quindi di soluzioni e progetti più responsabili.

Per la prima volta Naia, la fibra di cellulosa del colosso industriale Eastman, era presente con uno stand alla fiera con una soluzione sviluppata appositamente per il denim. Una nota alternativa alle pratiche tradizionali del settore… e rassicurante per una parte del settore che potrebbe essere stata scottata negli ultimi anni da innovazioni che non avevano raggiunto la fase industriale.

Isko, tramite la soluzione Re&Up della sua casa Sanko, offre a marchi e distributori l’opportunità di recuperare i loro vecchi tessuti per creare un nuovo tessuto denim riciclato al 100%. Questo è già utilizzato nelle sue linee e il gruppo ha l’ambizione di sviluppare altre alternative per ridurre l’uso dei terreni agricoli per ottenere materiale.

Da parte italiana si sta sviluppando un approccio locale. Questo autunno, nei pressi di Palermo, si svolgerà il primo raccolto di cotone siciliano frutto di un progetto guidato dalle aziende Eurotessile, Berto e FashionArt. Per garantire la tracciabilità end-to-end dei loro prodotti, le aziende transalpine hanno deciso di coltivare il proprio cotone. Un approccio responsabile e soprattutto collettivo per rispondere alle sfide del settore.

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