L’Agenzia spaziale europea apre una replica del terreno lunare per prepararsi alle future missioni

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Le missioni spaziali sono troppo costose per lasciare qualcosa al caso. Così, le agenzie spaziali le preparano dettagliatamente sulla Terra, in particolare in repliche di ambienti lunari o marziani, con volontari pronti a isolarsi per molti mesi per testare le tute e la loro resistenza psicologica. Uno dei nostri autori, che ha vissuto l’esperienza, fa il collegamento con i tradizionali riti di iniziazione.


Il 25 settembre è stata inaugurata a Colonia dall’Agenzia spaziale europea (ESA) e dal Centro aerospaziale tedesco un’installazione molto speciale: si chiama LUNA e ha lo scopo di aiutare nella preparazione delle prossime missioni lunari, consentendo di ricostruire un ambiente simile, per certi aspetti, a quello del satellite naturale del nostro pianeta.

Con una superficie di 700 metri quadrati, LUNA ricrea al meglio l’atmosfera lunare, in particolare grazie a 750 tonnellate di “sabbia” appositamente modificata per simulare la regolite (suolo lunare), un “simulatore solare” per riprodurre l’alternanza di luce e oscurità sulla Luna e altri stratagemmi per svolgere compiti come il campionamento. In altre parole, fa parte di ciò che chiamiamo “analoghi”.

Questo progetto fa parte di un’accelerazione negli sforzi dei principali attori spaziali per raggiungere i progressi scientifici necessari per portare a termine nuove ambiziose missioni, in particolare il ritorno sulla Luna, come previsto dagli accordi Artemis – la Luna che rappresenta una tappa intermedia per poi dirigersi verso Marte.

L’habitat HI-SEAS della NASA alle Hawaii nel 2019.
Benjamin Pothier, Fornito dall’autore

A livello europeo, l’ESA sostiene lo sviluppo dell’industria spaziale europea e porta i suoi valori di cooperazione e apertura.

Missioni spaziali simulate per veri progressi scientifici

Gli analoghi sono strutture sviluppate fin dalle prime missioni spaziali, soprattutto durante il programma Apollo, ma con un’impennata negli ultimi anni, con già almeno venti analoghi presentati dalla NASA, per testare apparecchiature, robot, tecnologie e interazioni umane in condizioni particolari sulla Terra, per prepararsi a missioni spaziali reali durante missioni fittizie organizzate sulla Terra.

Un astronauta analogico che maneggia un LIDAR (per misurare le distanze) durante i test della tuta di simulazione su Marte MS-1 in Islanda nel 2021.
Benjamin Pothier, Fornito dall’autore

Nella maggior parte dei casi, i partecipanti non sono futuri astronauti, ma soddisfano criteri specifici legati all’obiettivo di ciascun analogo.

Poiché le missioni spaziali sono ad alto rischio, è essenziale effettuare test sulla Terra e in ambienti specifici per anticipare i possibili problemi che potrebbero verificarsi. Gli analoghi si trovano quindi in ambienti isolati, confinati ed estremi, che riproducono in parte le condizioni che gli astronauti trovano oltre l’atmosfera terrestre – ad esempio l’Antartide.

I test effettuati durante missioni fittizie in analoghi possono riguardare attrezzature, come le tute degli astronauti, ma anche condizioni di lavoro insolite come l’assenza di gravità, lo sfruttamento dell’ambiente sottomarino, e il “fattore umano”, cioè come un gruppo di persone gestisce per lavorare insieme in buona armonia, quali tipi di qualità umane sono necessarie per il successo di una missione – ad esempio resistenza allo stress e all’isolamento prolungato, concentrazione, resilienza…


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Per questo motivo è interessante sollecitare profili molto diversi, dagli artisti agli ingegneri, dai soldati agli antropologi, come nel caso di Benjamin Pothier (uno degli autori di questo articolo), avendo al suo attivo esperienze di ricerca universitaria in antropologia, creazioni artistiche nel campo della fotografia, della cinematografia e arte spazialeed infine esperienze di esplorazione geografica in ambienti estremi, un “plus” per questo tipo di progetti.

Una persona in tuta da astronauta cammina in un paesaggio desolato
Un astronauta analogico durante i test della tuta di simulazione su Marte MS-1 in Islanda nel 2021.
Benjamin Pothier, Fornito dall’autore

Dal rituale di iniziazione all’analogo lunare

Avendo partecipato sul campo a diverse missioni su analoghi spaziali, Benjamin può fornire il suo resoconto diretto di cosa significhi sopportare la vita in queste condizioni estreme, dove a volte è necessario coesistere con estranei, in spazi limitati, per un periodo che può essere relativamente lungo, senza o con pochissimi contatti con il mondo esterno.

Nel suo saggio, spiega le sorprendenti somiglianze, così come le differenze, tra le missioni all’interno degli analoghi spaziali e i rituali di iniziazione.

Cita, tra gli esempi di analoghi famosi, l’habitat HI-SEAS, installato dalla NASA in un ambiente vulcanico ostile alle Hawaii, per simulare missioni su Marte. La simulazione qui include vincoli come riserve idriche limitate, cibo preparato come per le missioni spaziali, l’uso di riproduzioni delle tute degli astronauti, ecc.

Un insieme di vincoli “psicofisiologici”, che trovano eco nel modo in cui sono strutturati i rituali iniziatici.

Molti riti di passaggio, infatti, e in particolare quelli di passaggio all’età adulta, mostrano nella loro fase liminale una propensione alla reclusione, all’esposizione a prove di resistenza fisica e psicologica: “privazione del sonno, digiuno, esposizione al freddo o al sole) , al dolore (percosse, fustigazioni, punture di insetti)” (secondo Julien Bohomme), perfino ai divieti alimentari e alle situazioni vessatorie che trovano un’eco innegabile nei processi in atto in missioni simili allo scopo di simulare la dura realtà della vita in spazio: privazione del sonno, confinamento, diete specifiche, accesso ridotto all’acqua corrente per il lavaggio quotidiano e relativa promiscuità, prove di resistenza fisica, esposizione al freddo, pericolo, stress e stanchezza e mancanza di sonno sono tutti fattori specifici di missioni simili.


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test di sforzo fisico in un analogo marziano
Un astronauta analogico in addestramento alla base HI-SEAS della NASA alle Hawaii, 2019.
Benjamin Pothier

Vale anche la pena notare che molti siti di sperimentazione analoghi come grotte sotterranee, vulcani e montagne sono stati, osiamo dire “fin dalla notte dei tempi”, luoghi dedicati a riti di passaggio e ad altre esperienze mistiche o religiose, come ambienti propizi all’isolamento, al superamento di sé stessi, al confronto con il pericolo, ecc.

Il livello di realismo può, tuttavia, essere molto diverso da un analogo spaziale all’altro: a seconda dell’obiettivo specifico per cui sono stati creati, gli analoghi possono mirare a isolare in uno spazio sicuro ma molto limitato un gruppo di persone per testare reazioni e sfida psicologica, o allontanarli in ambienti ostili per consentire, ad esempio, di testare le apparecchiature durante le passeggiate spaziali.

L’analogo LUNA, installato a Colonia, in Germania, dove si trova il centro di addestramento degli astronauti dell’ESA, è infatti più simile a basi analoghe come il progetto MARS500 dell’Istituto di problemi biomedici di Mosca e costruito negli anni 2010 per simulare un viaggio marziano e missione, ovvero il progetto HERA della NASA, situato in un edificio del Johnson Space Center e utilizzato per simulare missioni spaziali di lunga durata.

Un analogo lunare deliberatamente aperto

Tra i vari vantaggi di questa installazione, vogliamo evidenziare la sua natura aperta, poiché è accessibile alle agenzie spaziali, agli accademici e all’industria spaziale di tutto il mondo.

Questo approccio rientra nella tendenza tutta europea dell’accesso aperto nel quadro della politica spaziale, che ritroviamo anche in altri progetti dell’Unione Europea (UE) come Copernicoil programma di osservazione della Terra dell’UE che raccoglie dati e li rende disponibili a tutti.

Per sua stessa natura, lo spazio è considerato la prossima frontiera per l’umanità. L’accelerato progresso tecnologico degli ultimi anni ci porta a interrogarci sulle prossime fasi della sua esplorazione e su una permanenza più lunga degli esseri umani in questo spazio.

La commercializzazione dello spazio, con attori del settore privato in prima linea, come SpaceX, solleva questioni di governance e regolamentazione. In questo contesto, l’Europa sostiene un approccio piuttosto cooperativo piuttosto che rivalità con altri attori della comunità internazionale, e i valori di apertura verso gli altri piuttosto che di esclusione, come l’accessibilità dell’analogo LUNA ce lo dimostrano.

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