Gli interstizi cartografici di Jérôme Bouchard

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Da molti anni, Jérôme Bouchard attribuisce un posto centrale alla raccolta dei dati scientifici. Tra i suoi più preziosi complici c’è Pierre Hallot, professore e geomatico dell’Università di Liegi, che gli ha fornito i dati topografici dei paesaggi lungo la Mosa, ottenuti utilizzando la tecnologia LIDAR (Light Detection and Ranging). Queste analisi geomatiche generano una nuvola di punti 3D (rilievo geografico), che l’artista traduce poi in proiezioni 2D sulla tela.

Il LIDAR, uno strumento di formidabile precisione utilizzato per mappare i territori, dovrebbe fornire una visione oggettiva del mondo. Tuttavia, nei dati raccolti compaiono molti “errori”. E per una buona ragione: LIDAR non può catturare il movimento, nemmeno il delicato tremolio di una felce. Inoltre, non è in grado di misurare alcuni elementi come l’acqua o il vetro. Pertanto, i risultati forniti sono costellati di anomalie, che possono essere ridotte all’assenza di dati. Ed è proprio in questi scarti tra la realtà e la sua rappresentazione che l’artista si precipita a far emergere un’esperienza sensibile del paesaggio.

È in questi scarti tra la realtà e la sua rappresentazione che l’artista si precipita a far emergere un’esperienza sensibile del paesaggio.

In uno scambio stimolante con Valérie Pihet, Jérôme Bouchard spiega: “Con Pierre Hallot, abbiamo esaminato le tecnologie per catturare il patrimonio naturale e costruito di alcuni settori industriali (lungo i fiumi urbani). Il lavoro risultante da questo incontro offre, a mio avviso, una prospettiva che unisce pittura e geografia. Questo lavoro è guidato da una visione critica dell’idea di progresso tecnologico, che mira a raggiungere una sempre maggiore oggettività e trasparenza, ma il mio lavoro non si riduce a questo approccio tecno-critico. Soprattutto, ci invita a riattivare ciò che possiamo sentire, percepire e tessere relazioni con questi territori e con tutto ciò che li popola.” (In : Punti ciechi di una pratica pittorica, settembre 2024)

L’artista ha concentrato il suo lavoro su due luoghi principali: le rive della Mosa in Belgio e un sito a Parigi che ha visitato durante la sua residenza alla Cité des Arts. Interpreta questi dati geografici per portarli verso una nuova materialità sulla tela.

Jérôme Bouchard, Parc des Chanteraines (Gennevilliers), area di cantiere, 2023, carta da lucido e inchiostro UV. © l’artista e la Galleria Michèle Schoonjans

Microperforazione e contaminazione

Utilizzando un laser cutter che alimenta con i dati ottenuti, Jérôme Bouchard microfora le sue tele, convertendo ogni misura in un punto vettorizzato. Il suo strumento, con affascinante precisione, brucia e perfora la tela di lino lasciando i segni del suo passaggio: aloni di tonalità bruna, tracce di fumo o bruciature sui contorni… Queste cicatrici evocano paesaggi industriali degradati. In altre parole, attraverso il suo approccio distruttivo, Jérôme Bouchard simboleggia la fragilità dei territori che documenta. Un interessante parallelo si stabilisce tra i due processi (LIDAR e microperforazione) che utilizzano entrambi il laser, seppure con finalità diverse.

In questo approccio il fuoco si trasforma in uno strumento per creare e sublimare la realtà. Nel discutere il suo approccio con l’artista, insiste: “Il fuoco mantiene uno stretto legame con questi ambiti che mi interessano. Quando il fuoco trafigge la tela, attaccandone l’intreccio, c’è una forma di liberazione della materia, ma anche delle cose che il fuoco disegnerà e alle quali sfuggono completamente. Inoltre, il fuoco ha stretti legami con il paesaggio, in particolare con gli incendi boschivi che devastano le regioni del Quebec, del Canada. C’è anche molto lavoro con l’acqua che utilizzo affinché la tela riacquisti rigidità parte integrante della mia pratica.

La tela, rivestita con tecniche tradizionali, è sottoposta ad un’accurata microforatura. Un processo delicato che deve essere attentamente calibrato per evitare di deturpare l’opera o provocare incendi incontrollati. Il processo assume l’aspetto di una continua negoziazione tra uomo e tecnologia, tra distruzione e creazione. Infatti, con assoluta violenza, maltratta la materia conducendola in territori di sorprendente poesia.

Il processo assume l’aspetto di una continua negoziazione tra uomo e tecnologia, tra distruzione e creazione. Infatti, con assoluta violenza, maltratta la materia conducendola in territori di sorprendente poesia.

Un lavoro che si costruisce in tre fasi e tre spazi distinti: la raccolta dei dati sul campo, il lavoro preparatorio in laboratorio e l’utilizzo di sofisticate apparecchiature in un laboratorio digitale. L’artista conferma: “Il mio processo si basa sulla triangolazione tra questi tre luoghi.”

Jérôme Bouchard, 31UDQ4997320567, 2024, acrilico su tela montata su pannello, 99 x 99,5 cm. © l’artista e la Galleria Michèle Schoonjans

Nuvole di punti

Il risultato finale, “nuvole di buchi” (montati su telaio o montati su pannello di legno), regala delicati contrasti cromatici. In generale, Jérôme Bouchard associa il suo lavoro a una dominante blu (oltremare scuro, in particolare) o terra d’ombra bruciata. L’artista continua: “Questi due pigmenti parlano dei territori che mi interessano: quando li metto insieme, non siamo né realmente in blu, né realmente in marrone. Questi due colori producono grigi leggermente colorati. A volte mi baso sulle foto che ho scattato dei sito per orientare i colori in una direzione o nell’altra.”

L’esplorazione dei limiti – siano essi quelli della macchina, della mano o del territorio – è al centro del suo approccio. Attraverso esso il pittore cerca di liberare una sensibilità più autentica, più intima.

Bilal Hamdad. L’addizione (delle solitudini)

Pertanto, le opere di Jérôme Bouchard non rappresentano semplicemente un’interpretazione del paesaggio. Risvegliano in noi impressioni e risonanze che trascendono il semplice riconoscimento visivo. Di fronte a questi dipinti lo spettatore avverte l’alterazione materica e fisica del supporto. L’unica destinazione di Bouchard? Conducendoci sulla strada delle sensazioni più complesse, che in gran parte prevalgono sul riconoscimento di un luogo. Meglio ! Offrendoci dipinti che si impongono alle nostre molteplici interpretazioni in modo autonomo, lontano da ogni discorso scientifico o teorico. Un tête-à-tête che ci penetra con la sua consistenza, il suo odore di bruciato e l’impatto fisico dell’alterazione della materia.

Tutto un programma che concludiamo citando Yves Randaxhe, autore della prefazione a questa mostra: “L’arte è lunga, si diceva una volta: nel fare come nella contemplazione. Con Bouchard la questione del “fare” è centrale, poiché si tratta di conciliare, nell’opera, tanti dati fisici e temporali. Se , per trascrivere la “nebbia dei dati”, mette in atto soluzioni tecniche innovative e improbabili che arrivano fino alla microforatura della tela, sa anche praticare la pittura come processo meditativo, applicando i suoi velamenti sottili, illuminando i colori anche al retro della tela, il pittore procede per successive alterazioni, scarti, impercettibili slittamenti affinché, alla fine, il dipinto si imponga con una sorta di evidenza sovrana e, sì!, gioiosa.”

Jérôme Bouchard – non vediamo nulla: subito Arte contemporanea O Edificio Rivoli, Chaussée de Waterloo 690, #25&26, 1180 Uccle, www.micheleschoonjansgallery.be Quando Fino al 26 ottobre, dal giovedì al sabato dalle 12:00 alle 18:00 e su appuntamento. Rivoli Open Sunday questa domenica, 13 ottobre, dalle 14 alle 18.

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