Un triste elogio dell’imparzialità del tribunale arbitrale

Un triste elogio dell’imparzialità del tribunale arbitrale
Un triste elogio dell’imparzialità del tribunale arbitrale
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In forza di una clausola compromissoria viene pronunciato un lodo arbitrale contro il quale una delle parti del contratto propone ricorso di annullamento.

Essendo proseguito il procedimento davanti allo stesso tribunale arbitrale sui punti rimasti controversi, la stessa parte ha depositato presso la segreteria della CPI una richiesta di squalifica del presidente del tribunale arbitrale, sulla base dei termini dell’omaggio funebre pubblicati in una rivista giuridica, che era appena tornato dall’avvocato avversario.

Dopo aver richiamato i termini della normativa CCI cui è stato sottoposto l’arbitrato in questione, nonché le raccomandazioni formulate dalla CCI per valutare l’obbligo di informazione gravante sull’arbitro, la sentenza ritiene che da tali testi emerga che gli stretti professionisti o il rapporto personale dell’arbitro con il difensore di una parte costituisce circostanza particolare di cui l’arbitro deve tenere conto al momento della dichiarazione di indipendenza e durante tutto il procedimento arbitrale e che, al di fuori di questi casi caratterizzanti cause oggettive che devono essere rivelate, il L’arbitro è tenuto a rivelare le circostanze che, pur non rientrando nel presente elenco, possono creare, nelle parti, un ragionevole dubbio sulla sua indipendenza e imparzialità, vale a dire il dubbio che può sorgere in una persona posti nella stessa situazione e aventi accesso agli stessi elementi di informazioni ragionevolmente accessibili.

Dopo aver riportato il contenuto della dichiarazione di accettazione e di indipendenza resa dal presidente del tribunale arbitrale, che non menziona l’esistenza di rapporti particolari con il difensore di una delle parti, la sentenza precisa che i legami professionali che possono esistere tra avvocati e professori di diritto, in particolare nel campo dell’arbitrato internazionale, e in particolare in ambito accademico a livello di dottorato e per le giurie di tesi, non implicano in alcun modo, per la loro natura, l’esistenza di stretti rapporti professionali o personali ai sensi della suddetta CCI raccomandazioni, essendo tali rapporti tutt’al più definibili come accademici o scientifici.

Rilevava che il presidente del tribunale arbitrale intratteneva da diversi anni rapporti regolari con il difensore di una delle parti ma che i legami accademici stabiliti tra loro non dovevano, per loro natura, essere dichiarati, conformemente ai principi enunciati.

Egli rileva che, nel particolare contesto di un elogio funebre, la pubblicazione in questione comportava necessariamente una certa enfasi ed esagerazione, tanto che l’affermazione finale (“Lo ammiravo e l’amavo”) non poteva ragionevolmente essere considerata come un segno di alienazione da parte del suo autore nei confronti del professore, ma va inteso come espressione di omaggio reso ad una figura stimata nel diritto arbitrale.

La sentenza rileva, invece, che altre formule di questo testo sono di registro più personale, affermando l’autore di aver consultato il professore “prima di ogni scelta importante” e che il defunto “si è impegnato” con lui, «colui che ha fatto poco”, suggerendo al lettore l’esistenza di un rapporto amichevole la cui intensità andava oltre il registro della socialità universitaria.

Sottolinea poi che il testo contestato stabilisce un collegamento tra l’esistenza di questi stretti legami personali e l’attuale procedura arbitrale, dichiarando l’autore che avrebbe dovuto incontrare lì il defunto in qualità di avvocato e che “è stato lieto di riascoltare le sue formidabili argomentazioni”. con il coltello, dove la precisione e l’altezza dello sguardo seducevano molto più di qualsiasi trucco del manico.

La sentenza deduce che questi ultimi elementi sono idonei a indurre le parti a ritenere che il presidente del tribunale arbitrale non possa essere libero di pronunciarsi e a creare così nella mente dell’opponente del lodo un ragionevole dubbio circa l’indipendenza e l’imparzialità del giudice. questo arbitro, sicché avrebbero dovuto essere da lui rivelati per consentire alle parti di esercitare il loro diritto di impugnazione.

Fonti :

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