Impossibile non notarlo: installato sul lato ovest dello stadio Anfield di Liverpool, si erge il memoriale alle vittime del disastro di Hillsborough: fiori freschi, una fiamma eterna, 97 nomi incisi nel marmo rosso. Il flusso di visitatori è incessante: residenti locali, scolari o turisti, che si radunano lì dopo essersi fatti un selfie davanti alla statua di Bob Paisley, leggendario allenatore del Liverpool FC, o aver acquistato una maglia del club.
Trentacinque anni dopo i fatti, il ricordo degli anni “97” resta vivo su queste alture della città, tra padiglioni in mattoni, pub allo stato originario e gusci di fabbriche. I sostenitori, le famiglie delle vittime e i sopravvissuti non hanno dimenticato nulla, le ferite sono ancora aperte.
Era il 15 aprile 1989, all’Hillsborough Stadium di Sheffield, a due ore di macchina da qui. Migliaia di tifosi del Liverpool FC sono venuti a vedere la semifinale della FA Cup contro il Nottingham Forest. Centinaia di loro, rallentati dai troppo limitati accessi allo stadio, sono arrivati tardi a Leppings Lane, una piattaforma in piedi già affollata, provocando un effetto di saturazione. Molti furono calpestati e soffocati a morte pochi minuti dopo l’inizio della partita. Altri sono morti a terra per mancanza di aiuto. Con 97 morti e oltre 760 feriti, la tragedia è la peggiore nella storia dello sport britannico.
Giustizia a due velocità
La Federcalcio inglese non avrebbe mai dovuto scegliere questo stadio con i suoi scarsi standard di sicurezza. Quanto alla polizia del South Yorkshire, allora guidata da un commissario inesperto in materia di grandi eventi sportivi, commise l’errore di indirizzare centinaia di tifosi verso le corsie già piene. La polizia, però, li ha quasi subito incolpati della tragedia, accusandoli di aver bevuto troppo e di aver provocato l’irruzione della folla nello stadio.
I media britannici, il Sole in mente, hanno ripreso questa versione, presentando i tifosi come hooligan. Questa menzogna aveva l’apparenza di verità: all’epoca la violenza negli stadi era endemica. Quattro anni prima, a Bruxelles, una ressa provocata dalle cariche degli hooligan inglesi prima della partita Liverpool-Juventus Torino, finale di Coppa dei Campioni, aveva provocato la morte di 39 persone.
Niente di tutto questo a Sheffield, dove non si parla di teppismo. Nel 1991, una prima inchiesta giudiziaria concluse che vi erano stati dei decessi “accidentale”. Ma le famiglie delle vittime rifiutano di fermarsi qui, vogliono che il sistema giudiziario riesamini i fatti e stabilisca le responsabilità. Nel 2014 è stata avviata una seconda indagine. Nel 2016 si è giunti alla conclusione: le morti non sono state accidentali, la polizia ha contribuito alla tragedia, i tifosi non hanno nulla da rimproverarsi.
Ti resta il 75,87% di questo articolo da leggere. Il resto è riservato agli abbonati.