“Il Rennes mi ha preso un po’ per idiota”

“Il Rennes mi ha preso un po’ per idiota”
“Il Rennes mi ha preso un po’ per idiota”
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Yann M’Vila è stato ospite del nostro podcast Rosso e Blu in collaborazione con Dolce FM Normandialunedì 7 ottobre 2024. Il centrocampista dell’SM Caen ha parlato del suo arrivo in Normandia e dei suoi legami con la famiglia Mbappé, ma anche della sua infanzia difficile, della sua storia incompiuta con la Francia (22 presenze, 1 gol), della sua depressione e dello Stade Rennais.

Il club che lo ha lanciato professionalmente, quello per cui ha preferito partire nel 2013 per il Rubin Kazan in Russia, piuttosto che per il Queens Park Rangers in Premier League. Perché se il suo cuore batteva per l’Inghilterra, i russi gli hanno offerto due milioni di euro in più. Ma due anni dopo, quando era in difficoltà, il nativo di Amiens non poteva contare sul club bretone per dargli una spinta in cambio.

Firma il primo contratto da professionista: “Ero bloccato”

“Quando ho firmato il mio primo contratto da professionista (1 anno da aspirante e 3 anni da professionista), ho ricevuto pressioni dal mio direttore della formazione, Patrick Rampillon. Dovevo andare al Mondiale U17 e lui mi ha detto: “o firmi il contratto o non vai al Mondiale”. Gli dico che non è un allenatore. E nel frattempo l’allenatore mi chiama e mi dice la stessa cosa. Entrambi furono d’accordo.

Ci sono molte cose crudeli nel mondo del calcio. Molti parlano dall’esterno, senza sapere ciò che sperimentiamo dall’interno. Ero bloccato. Io, nella mia testa, pensavo solo a giocare, e a giocare questo Mondiale. Allora andrò a trovare mio padre per chiedergli di firmare. Ma lui mi dice di no. Abbiamo avuto un incontro con il direttore del centro, mio ​​padre ed io. Alla fine è finita con un assegno per mio padre e basta, ho firmato il contratto. »

Esordio tra i professionisti: “Frédéric Antonetti, gli sono debitore a vita”

“Ho fatto la mia prima partita a 17 anni, contro il Marsiglia, con Guy Lacombe, e ho giocato la mia prima partita a 19, a Nizza. Ho lottato per due anni. Ricordo che, quando dovevo entrare, Jun’ichi Inamoto ricevette un cartellino rosso (77′). Ci siamo guardati con Frédéric Antonetti (l’allenatore), normalmente non avrebbe dovuto portarmi in campo, per una prima partita del genere, dieci contro undici. Ma penso che abbia visto la tristezza nei miei occhi e abbia detto “vai avanti, torna indietro”. Gioco dieci minuti.

Per la prossima partita, Inamoto è squalificato, Bruno Cheyrou si infortuna in settimana, Alexander Tettey si ritira la mattina della partita. E l’allenatore mi ha detto: “rimani solo tu”. È andata molto bene e non mi sono più mossa.

Quest’uomo, che è Frédéric Antonetti, gli sono debitore per tutta la vita. Ha una grande saggezza, è più intelligente dell’allenatore medio, pensa molto e ha molto know-how. Tutto quello che ho fatto, l’ho fatto, è alle mie spalle e sto cercando di andare avanti. Il mio unico rammarico è non aver ascoltato di più Antonetti. »

La sua storia con lo Stade Rennais: “Quando ero in difficoltà, il club non c’era”

“Quando parlo di Rennes, parlo al passato. Perché quando ero in difficoltà e ho chiesto aiuto, la società non c’era. Non so nemmeno se negli anni a venire un ragazzo che gioca allo Stade Rennais collegherà 22 presenze in nazionale con il Rennes. Avrei potuto entrare in guerra con questo club per andarmene. Ma mi sentivo bene e per lealtà sono rimasto.

Quando provo a tornare solo per allenarmi con il club, mi viene rifiutata ogni porta. Anche allenarsi individualmente era no. Era il 2015, dopo l’Inter. Ho giocato sei mesi e poi sono rimasto sei mesi senza squadra. Al contrario, quello che sta facendo Caen è molto forte, aiutando Alexis Beka Beka a rimettersi in carreggiata. È un gesto molto forte per aiutare qualcuno che non sta bene. Rennes mi ha preso un po’ per idiota.

Anticipo tutto. Nella mia vita ma anche per il calcio. A quel tempo, l’allenatore della squadra di riserva era Laurent Huard. Mi trovo molto bene con lui, quindi l’ho chiamato per chiedergli se potevo venire ad allenarmi. Mi ha detto che non c’erano problemi, che non avrei giocato alle partite ecc, ma che potevo allenarmi. Poi vado a una partita e vedo l’allenatore professionista, Philippe Montanier. Nemmeno lui chiude la porta. Dietro mi chiamano e mi dicono che l’allenatore professionista e l’allenatore riserva non lo vogliono… La vita è così, è così.

Con la nazionale francese ho collezionato 22 presenze nel Rennes, gli ho dato visibilità eppure non so nemmeno se sono sulla loro panchina. Ho dato tutto per nove anni. Non ho vinto nulla, ovviamente, ma c’ero. Spero di essere considerato migliore a Caen (ride). »

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