Quattro anni fa, esattamente, prima di presentarsi all'Assemblea generale della Lega calcio professionistica (LFP), Vincent Labrune non si sentiva molto bene. Come ci raccontò qualche anno fa, la mattina stessa delle elezioni, nella sua camera d'albergo parigina, interrogò la moglie: “A cosa serve andarsene dopotutto?”, chiese l'ex presidente dell'OM (2011-2016), sbuffando a poche ore dalla scadenza. Il dubbio si insinuava mentre dietro le quinte si batteva per ribaltare una situazione che il microcosmo calcistico dava per scontata: il grande favorito per succedere a Nathalie Boy de la Tour, che non aveva voluto più ricandidarsi, Michel Denisot (ex-Canal+ ed ex-PSG) era atteso a vincere…
Ma ecco il punto: Vincent Labrune aveva diversi sostenitori chiave tra i presidenti della Ligue 1, alcuni dei quali facevano un doppio gioco con i due candidati, una vecchia abitudine nei corridoi del calcio francese, dove tradimenti e pesanti contrasti sono all'ordine del giorno. La sua attività di lobbying dall'ombra gli aveva permesso di imporsi con 15 voti a 10 contro il candidato favorito, che tuttavia aveva il sostegno dei pesi massimi del calcio francese dell'epoca: Noël Le Graët (FFF), Jean-Michel Aulas (OL) e Nasser Al-Khelaïfi (PSG).
Un mandato dopo, il 53enne di Orleans è ora nei panni del braccato. Ma ha insistito a tutti i costi per mantenere il calendario iniziale per queste elezioni, nonostante una campagna di soli (…)
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