cacofonia tra Bruno Retailleau, Gérald Darmanin e Jean-Noël Barrot

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Dove stanno andando le relazioni tra Algeria e Francia? Lo vedremo sicuramente più chiaramente al termine dell’incontro annunciato per “i prossimi giorni” tra il presidente Emmanuel Macron e “i ministri interessati”.

Un incontro il cui scopo va da una cosa all’altra, a seconda del partito che ne parla, che illustra tutta la cacofonia che regna attualmente ai vertici dello Stato francese riguardo alla gestione di questa crisi senza precedenti. con l’Algeria.

L’incontro è stato annunciato mercoledì 15 gennaio da due ministri intervenuti sull’argomento davanti all’Assemblea nazionale, quella degli Affari Esteri, Jean-Noël Barrot, e il suo collega dell’Interno Bruno Retailleau.

Ha brandito l’incontro come una minaccia, come è solito fare quando si tratta dell’Algeria, promettendo che “tutte le misure dovranno essere messe sul tavolo, quelle individuali e quelle più generali”.

Il giorno dopo, giovedì 16 gennaio, Barrot ha corretto su RTL che l’incontro attorno a Macron dovrebbe “definire il seguito da dare, le misure da adottare per ripristinare la cooperazione essenziale tra i nostri due paesi”.

Bruno Retailleau, il sostenitore della linea dura

Come descritto dal quotidiano Le Monde, attualmente c’è “una certa cacofonia sull’Algeria” all’interno dell’esecutivo francese. Le posizioni di ciascun partito sono determinate dalle agende politiche nazionali.

Bruno Retailleau segue la logica di battere l’estrema destra e prende di mira un elettorato ben definito, che non esclude di candidarsi alle elezioni presidenziali del 2027, che potrebbero avvenire prima.

Anche senza questa scadenza, Bruno Retailleau è coerente con la linea che difende da diversi anni, fatta di una ferma presa di posizione contro l’immigrazione, in particolare quella algerina, e di un’opposizione dogmatica a qualsiasi “pentimento” sulla memoria. di colonizzazione.

Bruno Retailleau è uno dei primi critici dell’accordo sull’immigrazione del 1968. Dalla sua nomina a ministro degli Interni lo scorso settembre, ha ripetutamente promesso una “resa dei conti” con l’Algeria sulla questione dei lasciapassare consolari.

Dopo lo scoppio del caso Sansal e di quelli degli “influencer”, Retailleau è tra coloro che evocano i visti o addirittura gli “aiuti allo sviluppo” come leve da utilizzare contro Algeri.

Darmanin: un approccio diverso alla crisi Francia-Algeria

In misura minore, Gerardo Darmaninanche l’ex ministro dell’Interno, divenuto ministro della Giustizia, sembra spingere per misure che potrebbero peggiorare la crisi.

Domenica 12 gennaio, su LCI, ha chiesto soltanto l’imposizione del visto ai titolari di passaporti diplomatici algerini, senza le altre misure richieste dall’estrema destra e dall’estrema destra.

Darmanin che ha Origini algerine da suo nonno, riteneva che la restrizione dei visti che avrebbe interessato tutti gli algerini non sarebbe stata efficace.

A riprova, è stato lui stesso a sperimentare questa misura nel settembre 2021, quando Parigi decise di ridurre del 50% il numero di visti concessi ai cittadini di tre paesi del Maghreb (Algeria, Marocco e Tunisia), per costringere i loro governi a rilasciare più visti consolari passa, senza risultati tangibili. Lui stesso lo riconobbe dopo.

Gérald Darmanin non appoggia la proposta dell’estrema destra e di Retailleau di abrogare l’accordo sull’immigrazione del 1968 che considera “obsoleto”.

L’atteggiamento di Darmanin non è privo di calcolo politico, puntando ai voti dell’estrema destra, senza però alienare l’elettorato franco-algerino.

Di fronte a questi due ministri, Jean-Noël Barrot incarna un’altra via, quella della diplomazia, addirittura dell’appeasement. Ha dovuto innanzitutto rimettere al loro posto Bruno Retailleau e Gérald Darmanin, indicando in un’intervista alla piattaforma Brut che è al “Quai d’Orsay, sotto l’autorità del Presidente della Repubblica, che si fa la politica estera alla Francia ”.

Barrot, un approccio opposto a Retailleau e Darmanin

Giovedì scorso Barrot ha tenuto un discorso in contrasto con i guerrafondai del governo. Dicendosi pronto a recarsi ad Algeri per discutere di tutte le questioni, il capo della diplomazia francese ha rifiutato, a RTL, di usare la parola “crisi” per ciò che sta accadendo tra Algeri e Parigi, preferendo citare “difficoltà”.

Jean-Noël Barrot ha tenuto un discorso diplomatico, stimando che “il livello di tensione non è all’altezza dell’amicizia e dei legami che devono essere quelli che uniscono Francia e Algeria”, e insistendo sul fatto che “né l’Algeria né la Francia ha qualche interesse a che si sviluppi una situazione di crisi”.

“Siamo due Paesi vicini, due grandi Paesi del Mediterraneo, abbiamo interesse ad appianare le difficoltà”, ha sintetizzato.

Emmanuel Macron dovrà arbitrare questi due approcci opposti all’interno del governo che, in realtà, incarnano le principali tendenze della classe politica e anche della società. L’incontro annunciato sarà decisivo per l’immediato futuro delle relazioni Francia – Algeria.

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